ARCHIVIOScheletri in casa a Castel Volturno: arrestato il medico, il mistero continua

admin15/11/2012
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Famiglia Belmonte

Quel che appare scontato rischia di non esserlo e quel che sembra inspiegabile cede quasi all’ovvietà. E’ scontato che Domenico «Mimmo» Belmonte finisse in galera dopo avergli trovato in casa i resti di due cadaveri, ma non lo è altrettanto l’idea che sia stato lui a far sparire nel luglio di 8 anni fa Elisabetta Grande e Maria Belmonte.

 

 

Non lo è per una ragione che ribalterebbe, sotto il profilo logico, lo stesso impianto indiziario che l’ha spedito in cella alle 3 di ieri notte: non aver presentato denuncia. Ogni assassino che si rispetti, in genere, non manca mai di compiere certe formalità. «Non ho denunciato perché mi vergognavo» ha detto al pm Guarriello. Sembra che neppure i parenti della moglie, originaria di Catanzaro, lo abbiano fatto fino al 2009 quando il fratello di Elisabetta, Lorenzo, presentò un esposto per irreperibilità della sorella con cui doveva discutere di faccende ereditarie. La procura aprì un fascicolo e le indagini sono andate avanti ordinariamente. Fino all’altro giorno. 

Si va così infittendo il giallo degli scheletri con addosso solo biancheria intima (e una borsa con documenti di lato) delle donne rinvenute -grazie agli input di “Chi l’ha visto?” azionati dal fratello della Grande- nell’intercapedine tra piano terra e cantina di una villetta a Baia Verde. Mentre Libero va in stampa gli inquirenti stanno ascoltando altre persone. C’è da capire quand’è che le due donne siano state viste per l’ultima volta. La data sembrerebbe quella del 18 luglio 2004 ma non v’è nulla di preciso. Com’è impossibile esser precisi sul resto, dal momento che ci sarebbero da scandagliare anni di mestiere nell’antro di Poggioreale: un lavoro che, in sé, racchiuderebbe tutte le difficoltà del mondo sia per la tenuta mentale di chi lo svolge, sia per l’habitat non proprio incoraggiante. Mimmo nega di essere l’assassino, fino al punto di rifiutarsi di firmare il decreto di fermo. «Neppure io so spiegarmi cosa ci facessero lì. C’erano screzi con mia moglie ma nulla di che; con mia figlia invece andava bene. Mi sento in colpa per averle trascurate non per la loro morte» ha aggiunto all’avvocato Rocco Trombetti. Resta la domanda: cosa ci facevano nel posto in cui l’ex direttore sanitario del carcere le aveva «confinate» dopo aver abbandonato Napoli per paura di mai specificate ritorsioni provenienti dalla «grande famiglia» di Poggioreale? 

Gli inquirenti passano al setaccio il possibile, senza escludere il coinvolgimento di Salvatore Di Maiolo, ex genero di Belmonte, una delle poche persone con cui aveva sporadici rapporti. Sempre che le indagini confermino la supposta sporadicità, nel senso che l’ex marito della figlia, allo stato solo indagato, pure faceva parte dell’anello di relazioni gravitante attorno a Poggioreale. Alcuni testimoni l’hanno visto pochi giorni fa a Baia, era venuto a portare latte e pane all’ex suocero. Altri si spingono fino al sospetto di rapporti poco ortodossi tra i due. Era un suo stretto collaboratore, infermiere professionale che proprio dentro quelle mura conobbe Maria nel periodo che questa vi lavorò. Con la madre, insegnante in pensione, e il padre lasciò la casa (già perquisita dalla polizia) nel quartiere Montecalvario di Napoli per trasferirsi a Baia Verde. Le donne avviarono a poche centinaia di metri da via Palizzi un’attività che  però non funzionò e che presto fu chiusa. Il locale era ancora condotto in fitto da Mimmo che aveva addirittura lasciato la merce (ormai inservibile) all’interno: così come la Citroen della moglie, ferma e muta in giardino da 8 anni. Sul conto postale della donna ci sono ancora 145 mila euro, la pensione maturata sino ad oggi.

Schivo, solitario, neppure della propria pensione s’era mai occupato scegliendo di vivere in ristrettezze. Ultimamente era molto trasandato e aveva attenzioni solo per il giardino: così i vicini lo descrivono, e così l’hanno trovato i poliziotti quando l’altro ieri. In cucina un libro sulle patologie mentali, capitolo aperto sulla depressione.

Una testimone amica di Maria ha pure riferito di confidenze ricevute dalla donna (che oggi avrebbe 43 anni) relative a presunti abusi, pure sessuali, patiti per mano del padre. Meno chiaro o più chiaro di così?

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 15 novembre 2012)

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