ARCHIVIOIl Roma, i media, il Montepaschi Siena e la strana frase di un pm

admin15/10/2012
https://www.eolopress.it/index/wp-content/uploads/2012/10/Roma-cronaca_su_Amato_jr.jpg

Roma-cronaca_su_Amato_jr

Nell’edizione salernitana di sabato scorso del Roma, diretta da Tommaso D’Angelo (per chi conosce l’ambiente si tratta della vecchia, amabile ed irrequieta Cronache del Mezzogiorno) c’era una delle così dette notizie-bomba: Peppino Amato junior (foto a destra in basso) nipote omonimo del fondatore dello storico pastificio travolto dal crac e da una conseguente risposta giudiziaria, detenuto nel carcere di Fuorni, ha messo a verbale che quantità indefinite di danaro sono state travasate nelle tasche di Piero De Luca (foto a sinistra in basso) figlio del sindaco di Salerno, di professione avvocato.

Somme non quantificate -almeno da quel che se ne desume- che i magistrati considerano pezzi della progressiva spoliazione del patrimonio aziendale in favore di una famelica cricca, peraltro in gattabuia, chi dietro le sbarre e chi ai domiciliari, come le cronache degli ultimi mesi hanno raccontato. Secondo il punto di vista della procura, come da tradizione. Ma questa è un’altra storia.Amato_Peppino_junior
Durante l’interrogatorio di Amato jr svolto da Vincenzo Senatore, il pm titolare delle indagini (che, ricordiamolo, per ora hanno fatto scattare le manette ai polsi di Paolo Del Mese, Mario Del Mese, Simone Labonia, Peppino Amato junior e Antonio Anastasio) la deflagrazione: «Mi ha riferito Mario Del Mese (nipote dell’ex sottosegretario Paolo, ndr) che, via Rotterdam, portava soldi in Lussemburgo a Piero De Luca, socio occulto della Ifil (società al centro dello scandalo, ndr)». E giù, con un’altra serie di dettagli e di indicazioni. Mario Del Mese, ritualmente, ha smentito il giorno dopo minacciando altrettanto rituali querele per calunnia. Va detto che la faccenda è inquinata da condizioni personali e psicologiche a dir poco drammatiche e, pertanto, va presa con le molle più del solito: nei fatti, quella pubblicata dal Roma era una notizia, un venticello che soffiava da tempo tra la comunità salernitana e le residue redazioni giornalistiche. Ma che, però, non  aveva alcun riscontro: fino a quando il verbale finisce in mano ai giornalisti di Tommaso D’Angelo che, ovviamente, pubblicano tutto. E ci mancherebbe che non l’avessero fatto.

Al di là del merito specifico dell’intera faccenda (di indagini che sembravano dover spaccare il mondo ne abbiamo la pancia gonfia) che, seppur su fondamenta de relato tracciano un quadro diffuso nel panorama politico-imprenditoriale contemporaneo, ci sono due aspetti interessanti emersi in seguito alla pubblicazione del verbale: il primo riguarda un passaggio dell’articolo del Roma, l’altro la tradizionale cappa schiacciata sul sistema dell’informazione locale appena il gioco ha iniziato a farsi duro. C’è qualche amico e collega che se n’è meravigliato addirittura (gli unici a scriverne, riprendendo la notizia, sono stati Aldo Bianchini e Gigi Casciello). Giustamente.

A rifletterci un po’ di più, c’era poco da sgranare gli occhi: stavolta si trattava di De Luca, politico di primo piano ed eccellente amministratore (se pensiamo alle alternative offerte nel corso del tempo, a Salerno è andata di lusso) pur dirigente di un partito spesso abominevole, ma quante altre volte è scattato il meccanismo dell’autocensura? Non si contano: c’è qualcuno che possa affermare di aver letto sui quotidiani locali (salvo rarissime, ininfluenti eccezioni) di ciò che accade all’interno del palazzo di giustizia? Oppure della stravaganza di alcune indagini? O, ancora, dei flop di istruttorie che preannunciavano l’alba nuova della società rimodellata sull’etica del pubblico ministero?

Se c’è da scannare un politico o qualcun altro, i plotoni di esecuzione abbondano, tutti ci sentiamo giornalisti «d’inchiesta» secondo lo stile della ridondante, inutile auto-attribuzione di una qualifica implicita nel nome della professione: troppo facile, sappiamo farlo tutti, soprattutto copiando le ordinanze. De_Luca_PieroVien poi da chiedersi, nello specifico, cosa sarebbe successo se fosse emersa la stessa cosa da un verbale che riguardava, ad esempio, il presidente della Provincia o della Regione. Non c’entra il discorso del danaro e del potere, almeno non del tutto: c’entra invece qualcosa che ha a che vedere con la spina dorsale.
La cosa che però sembra essere sfuggita è un’altra: nel testo dell’articolo pubblicato dal Roma si legge ad un tratto che il pm Senatore dice: «Guai se questa cosa (cioè la vicenda di Piero De Luca, ndr) esce sui giornali».

Se confermata, l’affermazione del pm contiene un enigma grande quanto una casa. Perché mai il dottor Senatore se ne preoccupa? Cosa gliene frega, perché questa preoccupazione?
Potrebbe esserci una sola lettura, l’unica che interessa un pubblico ministero: potrebbe, cioè, esserci un’indagine parallela in corso che investe proprio i soggetti e gli eventi narrati nel verbale reso da Amato jr. Difficile immaginare, soprattutto in questa Italia, un pm preoccupato del linciaggio mediatico. Loro hanno altro cui pensare, semmai il problema è la libertà di poterlo dire dei giornalisti senza troppe conseguenze (per capirci, se la persona «diffamata» fosse stata un idraulico e non un magistrato, non esisterebbe un caso Sallusti).
In questa storia c’è puzza di banche, di politica e affari: sfiora addirittura il Montepaschi, istituto di credito «di un certo tipo» e con problemi attuali «di un certo tipo».
C’è da sperare, incredibilmente, che la procura di Salerno abbia visto giusto.

Peppe Rinaldi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

admin

Leave a Reply