ARCHIVIOForestali infedeli, Marta Santoro indagata già nel 2011: ora si scava nei tabulati telefonici

admin11/10/2012
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Santoro_Marta_nuova

Marta Santoro (al centro nella foto, tra due colleghi estranei alle indagini) l’ex comandante della Forestale di Capaccio detenuta nel carcere di Fuorni per una storia di mazzette e concussioni, era già indagata almeno dal novembre del 2011. E’ quanto risulta dai documenti della procura di Salerno, dov’è scritto che l’allora sottufficiale del Corpo forestale dello Stato era finito nel registro degli indagati per violazione dell’art. 323 del codice penale, vale a dire abuso d’ufficio.

La signora avrebbe abusato dei propri poteri all’esito di un controllo in un’azienda della Piana: nel caso specifico, però, non si trovò dinanzi a persone impaurite dal metodo, dalle minacce di sfracelli e dalle invocazioni di «amicizie in alto nella procura» (cosa, quest’ultima, che le ha aggravato la posizione aggiungendo l’accusa di millantato credito) che accompagnavano le sue visite di controllo, bensì un soggetto con le idee chiare, informato dei propri diritti e, pertanto, deciso a non far passare in cavalleria quel che appariva un sopruso. Finì, com’era ovvio, a carte bollate e Marta Santoro si ritrovò con un procedimento penale a carico. Lei ne azionò uno in danno dell’imprenditore e contemporaneamente ne subiva un altro.

Ma già pochi giorni dopo il blitz emerse qualcosa che non quadrava, specie sotto il profilo formale (che è, in questi casi, sostanza) dell’amministrazione della giustizia: il fascicolo a carico della Santoro venne affidato allo stesso pm succeduto ad un «celebre» collega nella funzione di punto di riferimento dell’agente della Forestale per le materie che trattava. In pratica, le indagini a suo carico per questa piccola -si fa per dire- vicenda di abuso le doveva fare lo stesso sostituto procuratore con il quale, da circa un anno, la stessa Santoro aveva a che fare quotidianamente, dal quale riceveva istruzioni e che convalidava i sequestri da lei effettuati. Insomma, una roba non proprio entusiasmante per il corretto funzionamento della giustizia: da un lato indago su di te sulla base del rapporto del pubblico ufficiale e dall’altro indago sullo stesso pubblico ufficiale dopo che tu ha denunciato certe circostanze. Chiunque inorridirebbe dinanzi a tale e tanto conflitto di interessi ma, si sa, quelli della magistratura fanno poco notizia, e un sistema mediatico da anni subalterno e sostanzialmente imbelle fa il resto. Ma, pure questa, è un’altra storia.

Se nel frattempo non è mutato qualcosa, nel senso che il procedimento a carico della Santoro può, ad esempio, esser stato archiviato ed ancora non se ne ha notizia, oppure esser già passato di mano -e pure non se ne ha notizia ancora- sarebbe lecito attendersi provvedimenti d’urgenza da parte del capo dei pm salernitani, il napoletano Franco Roberti.
Che ha, per questa vicenda, un problema grande quanto una casa pur essendo egli abituato a tensioni di ben altro spessore se si osserva la brillante carriera che l’ha accompagnato nel corso degli anni: capire prima di tutto se e in che termini ci sarebbe stato il coinvolgimento di uno, forse due sostituti procuratori (le voci si accavallano ad ogni ora che passa). E’ il cuore di tutta l’inchiesta, il vero nodo da sciogliere specie se si considera che ad oggi gli inquirenti stanno battendo non solo la pista delle concussioni presunte e delle mazzette in concorso col marito (Antonio Petillo, pari grado della moglie alla caserma di Foce Sele, oggi ai domiciliari) ma pure quella di eventuali soprusi sistematici, accertamenti pretestuosi, blitz immotivati costruiti sulla base di normative complesse che, oggettivamente, Marta Santoro non poteva maneggiare con tanta nonchalance. C’è una pineta disastrata che ricorda le discariche casertane, incendi a gogò e degrado diffuso ma la Santoro, demandata soprattutto a ciò per appartenenza professionale saliva spesso sulle cattedre di urbanistica e pianificazione territoriale, quando non si addentrava nel codice di procedura penale. C’era sempre un pm al telefono con lei (il che potrebbe significare tutto e niente ma vista la piega dell’inchiesta la cosa diventa centrale), quasi ad ogni blitz e per le più disparate vicende, secondo uno schema collaudato a quanto dicono -e stanno ancora dichiarando- gli imprenditori ascoltati dagli inquirenti.
I quali stanno passando al setaccio i tabulati telefonici della Santoro per capire a chi fossero fatte quelle chiamate nelle date in cui la signora assicurava il rispetto della legge e il ripristino della legalità sul territorio che qualcuno le aveva affidato. Con questi risultati.

Peppe Rinaldi
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