ARCHIVIOOmissisEboli, caso Ises: il sindaco Pd ammette l’abuso e poi si incarta

admin29/05/2012
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Melchionda_Martino_2

Non ci sarebbero molte ragioni per tornare su un argomento non proprio entusiasmante qual è la vicenda giudiziaria che ha investito il sindaco del Pd di Eboli, Martino Melchionda (nella foto). A leggere, però, le sue dichiarazioni ai mezzi di comunicazione all’indomani della pubblicazione su questo portale della notizia che il primo cittadino è imputato (e non semplicemente indagato, come da qualche parte si è pure detto, e la differenza non è di poco conto) per abuso d’ufficio nella vicenda dell’Ises, viene naturale attardarsi ancora. Perché? Per le balle che il sindaco democrat continua a raccontare nella certezza che nessuno vi si soffermerà più di tanto. Errore.

Premesso che nessuno ha piacere ad infierire sui problemi che riguardano una struttura sanitaria come l’Ises (anzi), il problema sorge allorquando entra in gioco il massimo rappresentante pubblico della comunità locale che, in questa stessa faccenda, è oggettivamente invischiato fino al collo. Per ragioni che adesso proveremo ad illustrare non senza aver riassunto, per chi è digiuno dell’argomento, il fatto: il sindaco Melchionda è sotto processo per aver autorizzato l’esercizio dell’attività del centro di riabilitazione in assenza dei requisiti imposti dalla legge; cioè l’Ises non ha l’agibilità, che è un po’ come dire che un cittadino non è iscritto all’anagrafe. E nonostante ciò la struttura, grazie alle autorizzazioni ottenute, ha potuto incassare milioni di euro pubblici ogni anno. Non esattamente un problema di secondo piano.
La prima udienza s’è tenuta lo scorso 9 maggio al tribunale di Salerno, il reato contestato è abuso d’ufficio in concorso con un altro soggetto, interno al presidio medico sanitario.

Appena la notizia è dilagata Melchionda si è affrettato a dire: «E’ vero, sono coinvolto in questa storia: ma l’ho fatto per il bene dei lavoratori, se non avessi firmato quel permesso ora il centro sarebbe chiuso e chissà il destino cosa avrebbe riservato a decine di famiglie ebolitane, oltre che agli ospiti della struttura». Non è testuale ma è di certo il senso del suo ragionamento, pubblicato sui media locali e mai smentito.

Bene, chapeau al sindaco di Eboli che ammette pubblicamente di aver commesso il reato per il quale è finito nel mirino della procura di Salerno (e, da indiscrezioni recenti, pare pure che non sia l’unico episodio del quale dovrà rispondere alla magistratura in quanto sarebbe prevista un’altra udienza camerale nei prossimi giorni per decidere se processarlo o meno in relazione ad un’altra faccenda delicatissima in cui avrebbe avuto un ruolo e che, appena possibile e una volta verificatane la sussistenza, racconteremo). 
Se è così, ha fatto bene e va dato atto che ha avuto del coraggio: chi scrive, forse, avrebbe fatto di peggio se fosse stato convinto della propria idea e dell’obiettivo da raggiungere.

Ne discende, allora, una serie di conseguenze: la prima è che, avendo ammesso coram populo di essere colpevole del reato che gli viene contestato, non dovrebbe affrontare nessun giudizio (se non per esigenze strettamente tecnico-processuali) visto che la responsabilità è stata già riconosciuta dal presunto reo. La seconda, molto più seria di una pena che nessuno mai sconterà (e sempre che venga comminata, la qual cosa non ci fa affatto piacere, libero di crederci o meno Melchionda) è il precedente creato: da questo momento chiunque, impresa o privato cittadino, abbia un problema di certificazioni, carte, cartuscelle e robacce burocratiche varie, insomma un problema di legge, è legittimato a chiedere che il sindaco faccia la stessa cosa che ha fatto per l’Ises. Non si capisce perché in un caso egli abbia voluto forzare la legge sulla scorta di un non meglio specificato interesse superiore dei lavoratori e negli altri no. Ovvio che il ragionamento è piuttosto “avveniristico” ma, in fondo, non più surreale della vicenda stessa che stiamo raccontando.

Senonché, capita tra le mani una nota ufficiale del comune dello scorso 22 maggio, firmata dal primo cittadino. Un comunicato che riporta tutti sulla terra e dove il sindaco democrat si avvia sulla strada del solito politichese-burocratese, con quel tratto di spicciola furbizia tipica del personaggio: e allora, addio a tutte le chiacchiere fatte sin qui sul coraggio, si torna in scena. E dal palco si torna a raccontar frottole. Vediamone qualche passaggio significativo.

Scrive Melchionda: «Il sindaco non ha alcun rapporto professionale con il centro Ises -di cui è stato nel passato componente del Cda- da molto prima del 2005, anno in cui assunse la carica di primo cittadino di Eboli». Ma davvero? Siamo proprio sicuri che sia così? Strano, perché dal registro della Camera di Commercio di Salerno (Registro imprese-Archivio ufficiale) si riscontra che la cessazione dalla carica di consigliere di amministrazione dell’Ises è avvenuta il 26 luglio 2005, cioè tre mesi dopo la sua elezione. Quindi, duplice fandonia: la prima è quella diffusa via web e via stampa locale sull’abbandono della carica nel centro Ises; la seconda è quella ufficializzata all’atto dell’accettazione della candidatura nella sua prima tornata elettorale, perché la normativa gli imponeva di lasciare l’incarico addirittura prima della scadenza del termine per la presentazione delle liste. Non sembra sia andata così, a meno che alla Cciaa abbiano sbagliato l’elaborazione dei dati. Difficile.

Scrive ancora Melchionda: «L’istruttoria fu svolta dall’Asl, la quale richiese sì il certificato di agibilità ma ponendo quale alternativa la licenza edilizia». Questa è davvero bella, perché è vero che l’attività istruttoria la svolse l’Asl su richiesta del Comune ma è al tempo stesso vero che la carenza dell’agibilità è nota prima di tutto all’ente emittente, che è appunto il Comune. Autorizzando l’Ises ad esercitare, in pratica, il sindaco era ben consapevole di questo deficit, sia per la sua esperienza di consigliere della coop (l’ha fatto dal 1996 al 2005) e sia come sindaco di Eboli.  (1-continua)


Peppe Rinaldi
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