Omissis-ArchivioLa Dynasty di Catanzaro (part.II)

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Catanzaro non è come le altre città calabresi. Qui gli interessi trovano sempre un punto di convergenza, si fanno unitari, conciliano in sintesi più o meno perfette, le opposte coalizioni non guerreggiano oltre il naturale limite fisiologico. Altrove ci si scanna e non si risparmiano colpi a ripetizione: anche al costo di andar contro gli interessi del proprio territorio di riferimento. A Catanzaro no, sembra che tutto funzioni in una chiave conservativa degli equilibri esistenti. A Calabria Ora così viene raccontata, da fonti diverse e pure alternative tra loro, la capitale calabrese. E, a ben guardare, pare proprio sia così. Famiglie, gruppi di potere, ceti imprenditoriali, partiti politici (o almeno quel che ne resta) sanno sempre come far quadrare il cerchio. E’ sicuramente un bene ma, al tempo stesso, è irrinunciabile una certa curiosità nell’indagare su queste particolarità, tutte concentrate in un sol posto. La politica, nelle sue diverse articolazioni, non è da meno. Diciamo che è la ‘tradizione’ catanzarese a dettare il ritmo e a scandire tempi e modi dell’operare. Niente di scandaloso, sia chiaro, solo la fotografia dell’esistente. Tutto ciò trascina dietro di sé un trasversalismo che, man mano che il tempo passa, si eleva addirittura a sistema. Un esempio su tutti? Alle ultime elezioni amministrative uomini del centrodestra, esponenti delle istituzioni come il presidente della Provincia Wanda Ferro e il parlamentare del Pdl Michele Traversa (futuro sindaco pure lui, sarebbe già stato tutto deciso nei cosiddetti salotti che contano in città) presero posizione ufficiale in favore del candidato sindaco del centrosinistra, l’attuale primo cittadino Olivo. Raccontano che addirittura salirono sul palco del suo comizio conclusivo. Inutile dire che la scelta fu motivata «nell’interesse primario della città». Sarà stata senz’altro questa la ragione, ciò non toglie nulla però alla singolarità della situazione. La quale non rappresenterebbe una novità in senso assoluto se non si trattasse della città dove il rito delle partite a poker tra notabili d’ogni estrazione diviene la forma liturgica di base per le scelte strategiche. Quell’evento di circa cinque anni fa, che annichilì ogni aspettativa dell’avversario del sindaco Olivo, Franco Cimino, diventa il paradigma dell’identità del capoluogo della Calabria.
Raccontano, ancora, che è dai tempi dell’onorevole Carmelo Pujia, potentissimo esponente andreottiano, che la consociazione politica diventa la norma. L’uomo che scalzò l’ex segretario amministrativo nazionale della Dc Ernesto Pucci (in pratica chi gestiva i soldi della Dc prima di Severino Citaristi) ha orientato le scelte cittadine a lungo. Un po’ lo fa ancora oggi, nonostante abbia appeso le scarpe della politica al chiodo. Aveva dinanzi a sé uno storico leader comunista, Franco Politano (nel frattempo deceduto) il quale, in ossequio alla tradizione dei comunisti italiani, da un lato combatteva il notabile democristiano e dall’altro -diciamo- lo combatteva meno. Come avvenne dopo qualche anno con un altro comunista duro e puro come Ninì Dardano, particolarmente sensibile alla vicenda urbanistica del capoluogo.
Chi ha preso il posto del vecchio personale politico nasce da quel ventre molle, dal gran calderone del moderatismo italiano sintetizzato nel simbolo del Biancofiore. Lo stesso Agazio Loiero, il più astuto tra i peones del tempo, acquista uno spazio che progressivamente diventa potere. Potere vero. E come lui i vari Nanà Veraldi, ex Dc, legato a Franco Marini; Marcello Furriolo, lungo curriculum politico-istituzionale che, dopo una breve parentesi in Forza Italia, rientra nei ranghi del centrosinistra, oggi direttore generale della Fondazione Politeama, uomo dai raffinati gusti culturali; Pino Albano, ex democristiano pure lui approdato successivamente nel centrodestra di An; Giancarlo Pittelli, stimato penalista calabrese, di tradizione Dc pure lui, oggi nel Pdl dove esercita un certo ascendente nei giri che contano grazie anche ad un innegabile estro personale; Giuseppe Chiaravalloti, uomo simbolo di parte della magistratura calabrese approdato poi alla politica. Attorno a loro numerosi altri personaggi che, al pari delle lobby familiari già descritte nella precedente puntata, compongono e scompongono quadri politici e di interessi. (2-continua)
Peppe Rinaldi dal quotidiano “Calabria Ora”


Peppe Rinaldi

Giornalista

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