Si stava meglio quando c’era la camorra. Sì, decisamente, sempre che “camorra” possa essere definito quel sistema pulviscolare di piccoli e grandi abusi di importazione (vedi agro nocerino sarnese e hinterland napoletano) oppure autoctoni, con case e villette per il mare. La camorra è (era) una cosa seria, qui c’erano invece interi nuclei familiari tipici del sistema-Italia meridionale, che però un oggettivo vantaggio in termini concreti lo garantiva: spazi più o meno manutenuti, aree disboscate, antropizzazione di superfici destinate a discariche, deterrenza automatica contro il degrado e l’abbandono che, a distanza di venticinque anni dal pasticcio amministrativo-giudiziario dei mitici «abbattimenti», segnano ormai la cifra di circa dieci chilometri di costa tirrenica.
Quantità industriali di articoli e servizi sulla redenzione ritrovata della litoranea, sul ritorno della giustizia sulla terra, sulla cacciata della camorra: quale camorra? Ma come -si dirà- e Villa Galasso (oggi, ovviamente, “Villa Falcone e Borsellino”)? Se chiedete a Pasquale Galasso forse neppure sa dell’esistenza di questa casa a monte della strada, assolutamente “normale” dentro e fuori e con nulla che ricordi Scarface o la Gomorra che tanto ammorba i cervelli di chi crede che Saviano sia uno scrittore. Apparteneva alla famiglia Falanga di Poggiomarino, nucleo molto border-line con precisi e noti addentellati nel sistema di quegli anni: solo che chiamarla “Villa Galasso” era molto chic, faceva titolo sui media, si poteva dare inizio allo show e infilarci dentro svogliati ragazzotti dal curriculum scolastico azzoppato e sinceri democratici per «la legalità», come in effetti poi è stato, con il rituale nastro trasportatore di fondi spiluccati qua e là da questo e codesto ente pubblico (“Libera” docet) per dar quattro spicci a qualcuno. Oggi pare sia in mano alla Caritas, che è sempre meglio di ogni altra cosa di quel genere.
Camorra: vien da ridere a pensarci solo guardando ciò che è diventata la litoranea di Eboli, che fa persino eccezione rispetto alla vicina Battipaglia, il che è quanto dire: un gigantesco immondezzaio, anche umano, un colabrodo dei diritti e dei doveri minimi di una società, il regno della sopraffazione e della violenza indiscriminata su cui si incistano, poi, le schifezze di un sistema produttivo locale da tempo abituato all’impunità, per non dire del livello raggiunto da organi di controllo e apparati politici.
Era meglio quando c’era la camorra, non c’è dubbio alcuno, specie se si pensa che all’indomani dei famosi abbattimenti decisi dalla procura di Salerno in sinergia con l’allora amministrazione locale, su tutta l’area piovve la mazzata finale: una normativa urbanistica tutta ideologica, dettata dalle necessità di qualche stormo di volatili e qualche fiore da proteggere, che a vedere oggi lo stato in cui è l’intera area verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Era meglio quando c’era la camorra. Con gli anni la situazione è solo peggiorata fino a trasformare dieci chilometri di costa (che non è certo né il Cilento né la costa amalfitana ma un’area destinata al turismo di livello medio-basso) in un terrificante girone dantesco, descritto in anni e anni di racconti giornalistici praticamente ovunque: il simbolo vero, in verità, del fallimento di tutte le classi dirigenti succedutesi nel tempo fino ad oggi, dove forse neppure ci si preoccupa più del problema se non attraverso imbarazzanti dichiarazioni alla stampa e sgrammaticati comunicati diffusi al mondo intero, il quale, ovviamente, se ne frega e guarda avanti. Certo, adesso è soprattutto un problema di ordine pubblico dove un Comune può far poco: ma neppure può star lì, da anni, a barcamenarsi senza riuscire a risolvere manco il problema dei parcheggi, delle discese a mare, della pulizia e della vigilanza minime. Prima la tragedia proveniva dall’ideologia e dalla certezza di «essere i buoni» (il peccato originale), dopo è il nulla che di solito le ideologie consegnano: da qualche anno ci si è messa pure l’acqua schifosa, non solo l’habitat esterno compromesso, un problema che dovrebbe lasciare insonne anche il più distratto amministratore pubblico. Invece niente, parlano d’altro, si preoccupano d’altro, praticamente del nulla. Lo specchio non di quel che fanno, di quel che dicono: forse di quel che sono. Era meglio quando c’era la camorra.
(pierre)
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