E’ di certo un contrappasso, una beffa del destino che sia proprio una ruspa a segnare i prossimi giorni della vita familiare del vice primo ministro Di Maio. Papà Antonio, balzato agli onori della cronaca per la tipica magia italiana di far sorgere villini e manufatti là dove ci sono ruderi o antiche stalle, peraltro scansando noiose lungaggini burocratiche, dovrà abbattere tre delle quattro costruzioni edificate a Mariglianella. L’ha ordinato Felice Di Maiolo, sindaco del comune vesuviano, il cui primo pensiero dopo i botti e il capitone di fine anno, è stato firmarne l’ordinanza di abbattimento (la data del provvedimento è 2 gennaio 2019). L’iter si è infatti concluso ed ora il geometra Di Maio avrà 90 giorni di tempo: in caso contrario la legge prevede una serie di sanzioni di natura anche penale, oltreché amministrativa e civile. Ci aveva provato l’illustre genitore a dare una spiegazione a quel comune dove tutti sapevano e dove ora proprio non potevano non sapere, ma le sue controdeduzioni alla relazione amministrativa fatta prima delle festività natalizie non hanno soddisfatto l’ente. C’è ancora il Tar da considerare ma questa è faccenda che vedremo, eventualmente, nelle prossime ore.
Certo Di Maio non è l’unico, ci mancherebbe, se gli uffici tecnici dei comuni italiani, specie nel Mezzogiorno, volessero dar corso all’abbattimento di ogni parete abusivamente costruita o fatta in difformità rispetto ai regolamenti, saremmo già in piena guerra civile. Ma i Di Maio -si sa- sono la «gente» per davvero, il core business presunto del Movimento 5 Stelle, e la gente la riconosci proprio da queste cose: un piccolo terreno ereditato dagli avi su cui pian piano innestare una casetta in luogo del vecchio rudere, un deposito attrezzi dove prima c’erano magari le galline, un «posto fisso» nel settore pubblico e una società di costruzioni per piccoli e piccolissimi lavori edili intestata a figli e/o parenti, perché un dipendente dello stato non può ricoprire incarichi di altra natura. Più «gente» di così.
Una volta scaduto il termine dei 90 giorni la Polizia urbana di Mariglianella farà un nuovo sopralluogo per la verifica degli adempimenti e a quel punto si vedrà. E’ facile intuire che la cosa finisca in un cumulo di macerie e detriti da abbattimento, soprattutto dopo che il papà del pluriministro ebbe da ingoiare un’umiliante diretta Facebook di scuse, un autodafè imbarazzante anche per chi vi assistette. Il sindaco Di Maiolo ha dichiarato ieri al Corriere del Mezzogiorno: «La legge dice che il proprietario ha 90 giorni di tempo per abbattere e 60 per proporre ricorso. Gli uffici hanno fatto tutte le verifiche necessarie ed è risultato che tre dei quattro manufatti non sono sanabili mentre per il quarto è stata esibita documentazione sufficiente ad indicare che si tratta di una costruzione antecedente al 1967, quando cioè non veniva richiesto alcun titolo per costruire».
Sono quindi risultati abusivi sia la villetta di campagna dove il vice premier è stato immortalato durante una festicciola estiva con gli amici, sia il deposito per gli attrezzi edili riferibile alla società di costruzioni (dove Giggino risultava socio insieme alla sorella con quote del 50%, poi messa in liquidazione a scandalo scoppiato). Il terreno è intestato per metà ad Antonio Di Maio e per metà a sua sorella Giovanna, zia del “capo politico” dei 5 Stelle. Ma non è neppure l’unica rogna per i Di Maio’s: la procura di Nola, competente sull’area, ha infatti indagato il geometra contestandogli il reato di abbandono incontrollato di rifiuti, dopo aver ricevuto la relazione dei vigili urbani con la quale veniva accertata la presenza di ingombranti e materiale vario di risulta in bella mostra sull’appezzamento di terreno. Qui si rischia meno rispetto alla edificazione abusiva: una volta che l’Arpac (Agenzia regionale per l’ambiente in Campania) avrà qualificato la natura dei rifiuti basterà rimuoverli per evitarsi conseguenza penali. Resteranno, ovviamente, quelle amministrative.
Da “Libero” del 7 gennaio 2019