Permesso di ricerca approvato alla Total, il Tar Basilicata pone fine alla disputa tra la multinazionale francese e la Regione in merito alle autorizzazioni ambientali relative al permesso di ricerca Tempa La Petrosa. Oltre 400 chilometri quadrati, tra Basilicata e Calabria, da assegnare ai francesi.
Il Tar, lo scorso 29 gennaio 2018, ha avallato alcune norme contenute nel decreto-legge Sblocca Italia e, come riportato su Quasimezzogiorno.it, introducono il titolo concessorio unico e conferiscono ai ministeri competenti i poteri di attribuzione e valutazione, scavalcando l’ente regionale. Infatti, il Tar Basilicata sottolinea che “all’epoca dell’emanazione della deliberazione giuntale impugnata, la Regione Basilicata non era più investita del relativo potere”.
Nel marzo del 2007 la Total presenta al ministero dello Sviluppo economico istanza di rilascio del permesso di ricerca Tempa La Petrosa. Dopo un anno e mezzo – siamo nel mese di settembre 2008 – dal ministero interpellano la Regione Basilicata chiedendo all’ente di attivare la procedura di verifica di esclusione di assoggettabilità a Valutazione d’impatto ambientale (Via). Passano tre anni abbondanti e la Total sottopone a Via il permesso di ricerca. Dalla Regione tutto tace, fino al mese di agosto 2012 quando gli uffici regionali – sollecitati dal ministero dello Sviluppo economico – attivano la procedura di Via, e cala nuovamente il silenzio su un permesso di ricerca che comprende parte del territorio del Parco nazionale del Pollino e si delinea in prossimità della Riserva naturale dei Calanchi di Montalbano Jonico, della Riserva naturale Bosco Pantano di Policoro, del Sito d’interesse comunitario Foce dei Fiume Sinni e del Centro nucleare Trisaia di Rotondella.
Passano due anni e a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge n.133 del 12 settembre 2014 – convertito nella legge n.164 dell’11 novembre 2014, meglio conosciuta come Sblocca Italia – la Total, in applicazione dell’articolo 38 chiede “espressamente la conversione del procedimento in corso per il rilascio di permesso in quello per rilascio del titolo concessorio unico, con ciò optando inequivocabilmente per il passaggio alla nuova disciplina, ivi inclusa la competenza statale sulla Via.” Secondo il Tar della Basilicata “coglie nel segno la dedotta censura di incompetenza della Regione intimata all’emanazione del provvedimento impugnato. Invero, l’articolo 38 del ripetuto decreto legislativo 134 del 2014, al n.5, dispone che le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sono svolte, tra l’altro, a seguito del rilascio di un titolo concessorio unico […]”. Inoltre, il Tar sottolinea che la richiesta di Total di avvalersi del titolo concessorio unico è arrivata entro i termini previsti dalla legge – ovvero “entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, anche ai titoli rilasciati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, e ai procedimenti in corso.” – e prima dell’emanazione della delibera impugnata.
La richiesta di Total – datata 5 febbraio 2015 – lascia indifferente la Regione. Infatti, il Tar evidenzia che “l’ente intimato, per tale versante, non ha inteso replicare in diritto alla tesi di parte ricorrente, essendosi limitata a evidenziare la mancata comunicazione all’Ufficio compatibilità ambientale di tale opzione, riconoscendo anzi che tale ufficio: non essendone a conoscenza, ha proseguito nell’iter istruttorio di Via, che altrimenti sarebbe stato archiviato in ragione della nuova istanza.”
Pertanto, sul permesso di ricerca Tempa La Petrosa deciderà il ministero dello Sviluppo economico. Invece, relativamente alla Valutazione di impatto ambientale a decidere sarà il ministero dell’Ambiente. Ricordiamo che anche la Shell, nel 2016, ritirò in Regione Basilicata i progetti relativi ai permessi di ricerca Monte Cavallo, Pignola e La Cerasa, chiedendo la Valutazione d’impatto nazionale.