Non è la storia del sacrificio di Isacco per mano del padre Abramo, peraltro tentato, ma in qualche modo vi si avvicina. Mutatis mutandis (che non vuol dire “cambiate le mutande”) in provincia di Palermo ieri è stato arrestato un boss di mafia che, tra molte altre cose, pianificava di uccidere la figlia. Almeno ne aveva le intenzioni. Certo non per dimostrare l’assoluta fedeltà a Dio ed il rispetto dei suoi ordini anche quando così gravosi ed innaturali, ma per una più prosaica questione, divisa tra l’alcova e l’onore.
La figlia di Pino Scaduto, considerato dagli inquirenti della Dda di Palermo il capo mandamento di Bagheria, aveva avviato una relazione con un carabiniere, in pratica s’era “fatta sbirra” secondo quanto ascoltato nelle intercettazioni dei militari del comando provinciale che, per questo caso, hanno ammanettato il reggente della cosca insieme ad altre quindici persone per estorsione e associazione a delinquere di stampo mafioso. Nel mondo normale accade (accadeva) il contrario con figlie che fuggono perché rapite dal fascino di un delinquente o si ritrovano sbattute fuori casa per le cattive frequentazioni: ma di qui a meditarne l’uccisione ne corre, o almeno ne dovrebbe correre visto che neppure sono così rari i casi di padri che veramente hanno avuto lo stomaco di farlo dinanzi a situazioni -diciamo- complicate. Trattandosi di mafia è ovvio che la notizia appaia quasi inedita. Resta da capire come mai non l’abbia fatto dal momento che prima di lui nella storia della mala siciliana (e campana e calabrese) l’uccisione di un figlio di tanto in tanto affiora e per i motivi più diversi, dall’omosessualità alla eccessiva prodigalita’, dal farsi sbirro/sbirra alla voglia di uscire dall’opprimente cappa familiare. Il boss Scaduto lo avrebbe ordinato al figlio maschio di farla fuori ma questi si sarebbe rifiutato: intercettato con un suo amico egli avrebbe detto di aver replicato al potente genitore che “Il padre sei tu, fallo tu: io ho trent’anni, non voglio consumarmi”, secondo quanto si è letto nei brogliacci delle conversazioni telefoniche.
Voleva far uccidere anche il maresciallo dell’Arma e pure qui il figlio rifiutò: se il controllo del clan era lo stesso di quello dei membri più diretti della sua famiglia, Scaduto è sospettabile di identificazione col proprio cognome. Nomen omen?
Il boss era libero da sei mesi dopo aver scontato anni di carcere, pensava addirittura che all’origine del suo arresto vi fosse la relazione della figlia col sottufficiale dei carabinieri. Voleva riorganizzare la Cupola, sta di fatto che ieri è tornato dietro le sbarre con l’aggiunta di un’onta nell’onta: l’aver pensato di eliminare il sangue del proprio sangue senza esservi riuscito. Il che sarebbe un interessante capitolo a parte in una terra come la Sicilia, dove sette secoli di dominazione musulmana sembrano ancora produrre qualche effetto. Poi dici l’integrazione…
dal quotidiano “Libero” del 31 ottobre 2017