OmissisOcchio alla mozzarella “adulterata”. Ecco i trucchi che usano e come riconoscerla

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Scoperta un’altra organizzazione dedita alla sofisticazione del latte per la produzione della mozzarella di bufala campana. Parliamo di quella casertana, zona originaria del formaggio insieme alla provincia di Salerno. Il gip di Santa Maria Capua Vetere ha autorizzato dieci misure cautelari (cinque ai domiciliari, il resto con interdizioni varie) nei confronti di un gruppo di imprenditori operanti tra Napoli e Caserta. Tra i soggetti colpiti figurano anche storici rappresentanti del “Consorzio produttori mozzarella di bufala campana dop”: si tratta degli omonimi amministratori del caseificio “Bellopede&Golino” di Marcianise, da venerdì agli arresti domiciliari. A breve dovrebbe scattare anche il provvedimento di sospensione dalla carica sociale nell’ente.

 

Alcuni stock di latte venivano acquistati in provincia di Brescia, dalla “Brescialat spa”, ma si tratta di materia prima bovina, ed è proprio qui uno dei punti centrali dell’indagine: il latte preso in “Padania” non solo non poteva essere utilizzato per tagliare quello di bufala (la mozzarella deve esserlo al 100%, tutto il resto è tarocco) in quanto vietato da leggi e regolamenti, ma addirittura veniva trattato con idrossido di sodio, la comune soda caustica, per abbassarne l’acidità. Questo additivo, vietato dai protocolli sanitari, si usa quando il latte è stato munto da troppo tempo oppure è in scarse condizioni igieniche, con cariche batteriche resistenti alla pastorizzazione.

Gli inquirenti hanno scoperto che in alcuni casi era stata lavorata materia prima estratta da capi colpiti da una specifica forma di tubercolosi. Tutti gli indagati erano consapevoli -dicono gli investigatori- delle procedure illegali ma ciononostante commercializzavano il prodotto, mettendo a rischio la salute pubblica oltre ad alterare la concorrenza con costi ridotti rispetto al mercato ordinario.
Secondo Coldiretti “l’adulterazione danneggia gravemente i 1371 allevamenti impegnati quotidianamente a produrre latte nel rispetto delle regole della “Dop”, che è il primo formaggio Dop del Sud con un aumento di produzione record del 7,2% per un totale di 44.270 tonnellate nel 2016”. Ma come accorgersi se una mozzarella è sofisticata? Al netto della fiducia, le regole sono le stesse per tutti gli alimenti, al di là delle evidenze da compromissione chimica, come quando, ad esempio, un batterio ne fa diventare alcune di colore blu.
Quanto a quella di bufala dop, un esperto del settore, il giornalista Luciano Pignataro, indica dieci test fondamentali per riconoscerla. Il marchio: tondo, di colore giallo e rosso, rilasciato dalla Comunità Europea. Il prezzo: non può scendere mai sotto i 9 euro al consumatore. Il colore: deve essere bianco perla, come la porcellana. Il latte di bufala è senza betacarotene, quindi non tende al paglierino come il fior di latte. Il profumo: il sentore identificativo è il muschiato. Il sapore: l’ingresso in bocca ricorda molto lo yogurt, con sensazione di acidità soffusa e gradevole. Il finale deve essere quello della panna, cioè il palato avvolto da una sensazione grassa e di appagamento. La consistenza:nelle prime ore è elastica e tenace. Quando la si mastica impegna le mandibole producendo quasi rumore. Diventa morbida e fondente con i giorni. L’aroma e il gusto non vengono alterati soprattutto se prima di consumarla la si lascia qualche minuto immersa, con tutto il siero, in acqua calda. Confezione: può essere imbustata davanti al cliente esclusivamente nei caseifici dove viene prodotta. In altri luoghi deve essere già confezionata. Formati: quelli ammessi dal disciplinare vanno dai 25 agli 800 grammi. Sta prendendo piede la richiesta di trecce, ammesse fino ad un massimo di 3 chili. Siero innesto: per poter subire il processo di filatura il latte va leggermente acidificato con fermenti risultanti dalla lavorazione del giorno prima allevati in apposite stufe. Il freddo: se è troppo fa male alla mozzarella.

Poi ce n’è uno infallibile. Dice infatti Pignataro: “Totò in Miseria e Nobiltà aveva risolto il dilemma. Nella famosa scena del cappotto, Don Pasquale il fotografo si rivolge a Felice Sciosciammocca dicendo: «Assicurati che sia buona. Prendila con due dita e premi la mozzarella: se cola il latte te la pigli, se no desisti».
dal quotidiano “Libero” del 12 febbraio 20017

 

Peppe Rinaldi

Giornalista

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