L’ex finanziere Angelo Voza alla sbarra a Napoli per un’altra diffamazione aggravata: mandava mail dicendo di essere vittima della macchina del fango. I giudici invece hanno indagato lui. La vera storia del grillino ossessionato da “Le Cronache” che grida al complotto e pubblica commoventi scritti da vittima perfetta. O quasi.
Il gip di Napoli, Dario Gallo, ha fissato per il prossimo 24 febbraio la data per l’udienza preliminare a carico dell’ex maresciallo della Gdf, Angelo Voza, (foto a destra), oggi assistente parlamentare del senatore del M5S Giuseppe Giarrusso (foto in basso), nonché attivista in quel di Eboli del movimento del comico genovese, accusato di diffamazione aggravata in danno di un imprenditore della sanità, Cosimo De Vita, presidente della Sanatrix Nuovo Elaion per la cura e la riabilitazione dei disabili. Nell’atto del magistrato si legge che “il Voza, comunicando con più persone attraverso una e-mail inoltrata all’indirizzo istituzionale della Gdf….e a un numero indeterminato di altri militari, recante titolo “La macchina del fango ha cercato di sporcare le mie fiamme” offendeva la reputazione di De Vita etc. etc”. La mail fu mandata all’universo mondo, anche a noi. Il pm aveva in precedenza chiesto il rinvio a giudizio dell’ex finanziere.
E qui finisce il dato nuovo della cronaca relativa a un caso, tra tanti, di cui questo giornale si è occupato.
Non vorremmo annoiare i nostri 5 lettori con fatti che essi (e non solo) conoscono a menadito ma l’argomento incrocia la vita di questo giornale, fatta di alti e bassi come tutte, nell’esercizio delle sue funzioni di fondo.
(nella foto il senatore M5S Michele Giarrusso)
Abbiamo letto di recente, tra social media, improbabili siti web e un ignaro quotidiano “Roma”, un unico, sgrammaticato “articolo” dal titolo “Ecco il finanziere ebolitano nel mirino dei media”. (nella foto)
Nientedimeno, abbiamo pensato, visto che siamo stati noi ad occuparci della vicenda di questa ex divisa delle Fiamme Gialle, una storia opaca almeno quanto inverosimile è il contenuto della nota diffusa. Ma cosa si dice in questo -diciamo- articolo (leggetelo, lo troverete in rete o su Fb)? Che l’ex maresciallo è vittima di una “macchina del fango azionata da un giornalista segnalato all’Ordine come diffamatore abituale, stalking (volevano scrivere stalker, ndr) e che adesso gli pende sul collo l’aspetto penale della diffamazione (sic! forse volevano dire che siamo già stati denunciati e rinviati a giudizio per quanto abbiamo scritto, il che non è mai successo nel caso di Voza, ndr)”. Giornalista che sarebbe lo scrivente, ovvio.
Tutto questo succederebbe perché l’ex maresciallo aveva scoperchiato con le sue indagini il pentolone di una truffa milionaria al servizio sanitario operata sempre dallo stesso imprenditore. Per punirlo di aver fatto il proprio dovere, onorando il giuramento di fedeltà alla divisa, ecco che allora -secondo la comica ricostruzione- si mette in moto il meccanismo persecutorio nei suoi confronti. “Una sporca macchinazione” -continua- “in danno di un servitore dello Stato, che ha ricevuto encomi e premi, che ha fatto sempre il suo dovere con dedizione”, autori di delicatissime indagini ovunque abbia prestato servizio, e molto altro. Accidenti. Da quando ha avuto il coraggio di sfidare i poteri forti -morale della favola – facendo indagini sulla distrazione di fondi pubblici in sanità “Voza, oggi in pensione (perché riformato, ndr) viene duramente attaccato da un giornale vicino all’imprenditore finito nel mirino di altre indagini”. E poi un’altra serie di frasi copiaincollate da un pezzo all’altro, di analoga qualità sintattica e grammaticale. Risparmiamo l’analisi di alcuni post di commento e solidarietà, ci scappa troppo da ridere. Abbiamo perfino letto uno dello stesso Voza che, citando Giancarlo Siani, ringrazia gli autori dello scoop, questi sì giornalisti di razza, dalla schiena dritta, non come noi brutti venduti al potere, diffamatori abituali. Ci viene da ridere specie ora che altri due magistrati (il pm e il gip di Napoli) ipotizzano che sia proprio Voza “la macchina del fango” trovandosi egli nella scomoda condizione di dover rispondere per diffamazione aggravata proprio per aver fatto circolare questa teoria. Il classico boomerang, non l’unico, non l’ultimo.
Procedimento penale che si aggiunge ad altri aperti contro l’ex finanziere in diverse procure italiane (Salerno, Trapani e Napoli) per ipotesi che vanno dalla calunnia all’appropriazione indebita, dalla diffamazione alla falsa testimonianza: tutti a complottare dunque? Una decina almeno di magistrati pure spargono fango contro il grillino già sottufficiale Gdf che “assiste” un senatore della repubblica probabilmente ignaro dei fatti (a meno che non si sia bevuta la favoletta)? Tutto è possibile, certo, ma ci sembra difficile. E vi spieghiamo anche perché, provando a sintetizzare per punti la storia. Quella vera, non quella per Facebook e scemenzai vari.
Allora: 1) Non siamo mai stati querelati dal Voza per quello che abbiamo scritto su di lui e che dopo riepiloghiamo: è passato qualche anno, ad ora, nessuna traccia, Quindi mente, dicendo che dobbiamo risponderne dinanzi ai giudici. Voza ci fece tempo fa una causa civile, chiedendo 100mila euro di danni per diffamazione: “Le Cronache” e lo scrivente non accettarono la composizione bonaria, certi della fondatezza delle proprie ragioni. Poi, per una fatale distrazione, non ci siamo presentati in udienza, e così il giudice dovette per forza condannarci, i famosi 8mila euro citati nella nota fatta circolare, immaginiamo, dallo stesso Voza. Presentato ricorso in appello, dove ribadiamo quanto da noi scritto sul suo caso e portando le stesse prove che avremmo portato se non ci fossimo dimenticati dell’udienza di I grado, Voza, attraverso i suoi avvocati, ci fa sapere di voler fare una transazione, cioè chiuderla lì. Noi aderiamo alla proposta pretendendo però che nella transazione sia messo nero su bianco che il contenuto della nostra inchiesta su di lui non fosse diffamatorio: Voza sottoscrive, cioè riconosce che non volevamo diffamarlo. In cambio fa un affare: dei 100mila euro iniziali, si accontenta di prenderne ben 500 (Cinquecento) a titolo di spese sostenute. Noi glieli diamo. Lui li prende.
Serve altro? Intanto racconta agli allocchi solo una parte della storia: e c’è pure chi ci crede e addirittura lo pubblica;
2) le famose indagini sulla truffa alla sanità di cui parla sono partite non perché Voza facesse l’investigatore che non guarda in faccia a nessuno, bensì dopo che l’imprenditore si era ribellato ad una sorta di taglieggiamento (testuali parole dell’interessato) da parte del Voza che continuava a chiedergli soldi per le sue associazioni (la Dioniso e la Genesis), le stesse all’origine di un procedimento in suo danno per appropriazione indebita presso il tribunale di Salerno. Risultano infatti assegni per circa diecimila euro versati all’ex finanziere dall’imprenditore divenuto di colpo brutto e cattivo, un flusso di danaro che una volta cessato va ad incrociare l’altra componente fondamentale all’origine delle “disinteressate” indagini dell’attivista a 5 stelle: il licenziamento della moglie impiegata presso l’azienda guidata da quell’imprenditore stesso. Licenziamento avvenuto prima e non dopo queste famose indagini che, tra l’altro, non hanno portato a nulla, ricavandone archiviazioni a raffica. Anche qui un complotto contro di lui?
3) Queste famose indagini, accertato che erano un evidente ritorsione o quanto meno un gigantesco motivo per astenersene, hanno invece portato a galla una serie di esposti “anonimi”, informative illecite, relazioni pataccare, riconducibili alla mano dello stesso Voza. Anche qui, infatti, è lui a trovarsi addosso un altra rogna giudiziaria, procedimenti per calunnia a Salerno e Napoli proprio in relazione a quella sorta di attività di “dossieraggio”: cui si aggiunga questa, esilarante, della macchina del fango tornata indietro come un boomerang.
4) Onorato servizio, premi e encomi, impegno antimafia, indagini delicate e altre fantasie messe nel ventilatore? Può darsi. A noi risulta intanto quanto scrivono i superiori di Voza del Comando Regionale dell’Emilia Romagna dove pochi anni fa Voza s’era fatto trasferire. “Soggetto non dotato delle qualità morali, professionali e intellettuali necessarie”. L’hanno scritto alti ufficiali dopo aver già in precedenza richiamato il sottufficiale che comandava la Tenenza di Cattolica per le inopportune frequentazioni di commercianti ed imprenditori del posto, il cattivo esempio dato ai sottoposti, il mancato raggiungimento degli obiettivi di repressione dell’attività investigativa, il calo della resa della Tenenza rispetto a prima che arrivasse lui, etc. Per non dire di un certo attivismo, non autorizzato, anzi stigmatizzato dai suoi superiori (al sud forse funziona diversamente) in materia di organizzazioni di eventi culturali, istituzionali, etc.
Anche i superiori ufficiali, forse poco inclini alle stupidaggini anti-mafiose professionistiche, erano nella macchina del fango?
Processo Rostagno
5) Macchina del fango sono pure i numerosi giudici di Corte d’Assise di Trapani che hanno fatto indagare Voza per falsa testimonianza nell’ambito del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno? Qui sarebbe troppo lunga da spiegare ancora: invitiamo i nostri cinque lettori a cercare su Radio Radicale o su Youtube la registrazione del dibattimento, in particolare l’arringa dell’avvocato Gagliuffo, dove si spiegano numerose cose. Voza, va precisato, era un testimone della parte civile (dove, cioè, si discute di soldi e risarcimenti) perché tanti anni fa faceva il brigadiere in Sicilia e, pare, abbia incrociato Rostagno. Solo che pure questa storia non ha convinto e l’hanno indagato per falsa testimonianza.
Anche i giudici siciliani sono in combutta con l’imprenditore suo nemico e i giornali diffamatori, peraltro a centinaia di km di distanza? Certo, si crede alle scie chimiche, perché non anche a questo bel racconto?
6) Infine: abbiamo anche scritto tempo fa una notizia molto grave per la quale non c’è giunta neppure una richiesta di smentita, figuriamoci querele od altro. Questa: anni fa Voza ebbe l’incarico di fare indagini di rito su un imprenditore sottoposto a procedura fallimentare. Il giudice chiede al finanziere di fare una certa attività, Voza non lo fa e raffazzona poche delucidazioni. La storia si fa nebulosa, nel fascicolo mancano molte cose. Risultato: dopo qualche tempo, prima la moglie e poi la madre di Voza fanno una società con questa stessa persona (tal Folino) su cui avrebbe dovuto indagare per ordine del giudice fallimentare.
Ma la macchina del fango sono sempre gli altri.
da “Le Cronache” del 21 gennaio 2017