E’ reato vendere fotocopie di libri, o meglio detenere “a fini di lucro l’opera didattica integrale” sul proprio pc per poi riprodurla e rivenderla.
La Cassazione lo ha ribadito, ricordando che “la condotta penalmente rilevante consiste nella detenzione a fini di lucro dell’opera didattica abusivamente riprodotta, in quanto destinata alla vendita delle copie cartacee”.
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In questo modo, la Terza sezione penale ha convalidato la condanna a sei mesi di reclusione e a duemila euro di multa (pena sospesa con la condizionale) nei confronti del titolare di una copisteria di Salerno che nel negozio aveva “un pc aziendale, a fini di profitto, programmi per elaboratore privi di licenza d’uso e la copia di un compendio di istituzioni di diritto privato”. A nulla è valsa la difesa dell’imputato volta a dimostrare che la sua attività riguardava la fotocopiatura e che il pc al momento dei controlli era spento.
Piazza Cavour ha bocciato il ricorso e ha osservato che “l’opera scientifica o didattica era interamente riprodotta nel computer, ed era evidentemente destinata alla riproduzione, a fini commerciali, al pubblico che avesse richiesto la copia del testo, in violazione dei diritti patrimoniali d’autore; e, a tal fine, non rileva l’identificazione dell’autore o dell’editore, bensì la sola indebita utilizzazione”. A scanso di equivoci, la Suprema Corte ha ricordato ancora che “la riproduzione non era destinata ad uso personale e, comunque, aveva ad oggetto la copia integrale dell’opera, in violazione del limite del 15%”.