Cos’hanno in comune Gigi D’Alessio e Ciriaco De Mita? Eccezion fatta per la comune provenienza regionale e sorvolando sull’abissale differenza “antropologica”, teoricamente -e praticamente- nulla. Senonché i due si trovano a condividere un’analoga circostanza: un rapporto particolare (diciamo così) con la Siae, la società italiana che intermedia i diritti d’autore.
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Cominciamo dall’inizio.
Notizia di sabato: il cantautore napoletano dal portafoglio impressionante per numero di opere dell’ingegno formalmente registrate, ha appena incassato un corposo assegno da Soundreef, start-up di impianto britannico decisa a mangiarsi il monopolio dello storico istituto italiano. Addio Siae, ha deciso Gigi, come qualche mese prima aveva fatto il “rapper per bambine” (copyright Filippo Facci) Fedez portandosi a casa 400mila euro di diritti pagati in anticipo.
Notizia di una settimana fa: il sindaco di Nusco, già potentissimo segretario Dc, pluri-ministro e presidente del Consiglio, sembrerebbe esser riuscito ad ottenere dalla stessa Siae l’annullamento di una pratica aperta per l’incasso di alcuni diritti maturati la scorsa estate. Debiti, va da sé, non personali ma sorti in capo al sindaco e legale rappresentante pro tempore del comune irpino, all’indomani di alcune feste di piazza. Argomento che gli italiani conoscono a menadito, essendo rarissimi i casi di chi non sappia come si organizzi una festa in luogo pubblico, quali balzelli vadano versati alle varie istituzioni e quali ai privati, in questo caso coperti dalla legge. Sottrarsi al versamento in favore dell’esattore, la Siae, che a sua volta lo girerà pro quota all’artista titolare del diritto, è reato: chiedere alle migliaia di Dj, organizzatori di eventi, sagre, feste e quant’altro, incappati nelle maglie di -talvolta- impietosi ispettori; per non dire dei processi in corso e delle multe milionarie elevate e/o contestate. Un ginepraio all’italiana.
Ora, da viale della Letteratura di Roma, sede della Siae, filtra l’indiscrezione che il vertice abbia deciso di annullare la pratica che i dirigenti campani avevano perfezionato a norma di legge: cioè era chiusa, non c’erano motivi ostativi né di forma né di sostanza, le firme erano tutte regolari, il comune doveva soltanto pagare. E qui casca l’asino: non per De Mita, che è uomo di mondo, ma per l’ente al centro di una furibonda e sotterranea guerra parlamentare, con schieramenti pro e contro il recepimento della direttiva Ue sulla liberalizzazione del settore (la 2014/26/UE). Uno scontro durissimo, su un sottofondo di figli, nipoti, parenti, amici e mogli di esponenti politici di una buona fetta del cosiddetto arco costituzionale assunti in Siae, fatto che condiziona, ovviamente, le trattative. L’Italia, tra l’altro, è già fuori tempo massimo per il recepimento della direttiva, con tutto ciò che questo comporta.
Nell’agosto del 2014 Libero raccontò il precedente screzio che il gran visir di Nusco ebbe con la Siae, allorquando si tennero due eventi estivi senza la prescritta autorizzazione. Oggi la cosa travalica il livello locale e da Roma -almeno fino a ieri sera- l’ordine è stato: chiudete quella pratica. Punto.
(dal quotidiano “Libero” del 30 maggio 2016)