OmissisQuando l’Asl mette per iscritto: «Ho speso i tuoi soldi per fare altro»

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Le Aziende sanitarie locali, considerate in sé, non sono soltanto un posto dove almeno la metà dei dipendenti non avrebbe ragione di esistervi – come in tutto il comparto pubblico italiano- e dove l’altra metà si carica il peso di un lavoro delicato e rischioso: a volte le Asl diventano pure il luogo dove l’evoluzione del burocratese consente punte creative assolutamente inedite. Ci arriviamo.

 

Chi conserverebbe la lucidità apprendendo che il proprio debitore ha fatto sapere ad un’altra persona che «Sai, i soldi che dovevo al signor X e che pure avevo in cassa, li ho usati per fare un’altra cosa»? La scena non è difficile da immaginare. Invece, proviamo a farlo mettendoci nei panni di quelle strutture sanitarie che dall’Asl di Salerno (foto) attendono soldi da tempo. Anche il meno interessato al settore avrà sentito parlare almeno una volta della via crucis che ogni mese le strutture private accreditate compiono per farsi pagare le prestazioni dalle Asl. Un inferno, aggravato dal fatto che chi deve decidere e firmare, il proprio stipendio lo incassa a prescindere, indipendentemente dal modo in cui ha gestito una partita aziendale.

E’ di questi giorni l’ennesima agitazione dei centri di riabilitazione del salernitano, c’è stato un po’ di “chiasso” mediatico, le associazioni di categoria stanno difendondo con i denti i propri interessi. E’ il naturale gioco delle parti. Contestualizzando il problema, va ricordato che la riabilitazione dei disabili rappresenta la così detta zona grigia della sanità, un ambito dove trovi di tutto tra i centri specializzati, dai farabutti alle punte di eccellenza, e dove molte strutture diventano concausa dei problemi di bilancio: ciò dipende soprattutto dalla qualità dell’utenza servita, la più debole, impossibilitata perfino a dire se il servizio ricevuto, pagato profumatamente con i soldi di tutti, sia soddisfacente o giusto, non c’è così di frequente una famiglia, un parente, un amico che minacci di far valere le ragioni, eventualmente calpestate, in altro modo. Quindi dei soldi incassati dal Ssr si fa a volte carne da macello. Non resta che da rimettersi ai controlli e, dunque al Padreterno.

In tanto scenario di fondo, riferito per realismo di cronaca, si colloca ora la nota, in possesso di Cronache, spedita da un dirigente aziendale al direttore della Programmazione e Controllo Committenza dell’Asl, corrispondenza di vertice in pratica.

L’11 maggio scorso, infatti, il dirigente Antonia Scaramuzza, affrontando il tema della liquidazione dei saldi per la Macroarea Riabilitazione per gli anni 2013 e 2014 (sì, ci sono ancora partite sospese dopo anni, nonostante i trionfali annunci governativi sui tempi abbreviati dei trasferimenti alle imprese creditrici) dice al manager sanitario che più di tutti, forse, conosce certe traiettorie, Federico Pagano, che per quanto riguarda i soldi del 2013, destinati ai centri, (che nel frattempo avevano comprato dalle banche il danaro per gestire le strutture scontando quel credito) questi sono serviti per fare altro. E lo scrive con arguta fantasia sintattico-lessicale, incrociando il calore rassicurante della pubblica scrivania con la freddezza della tesi ragionieristica: «..per l’anno 2013 i sottoutilizzi dei limiti di spesa da parte di talune strutture (cioè i soldi accantonati che spettavano loro, ndr) sono stati assunti ad economie nel bilancio 2013…».

Assumere ad economie nei bilanci: sembra che così si dica ora per intendere che i soldi non ci sono più. Se, al contrario, quella frase significasse altro, si tratterebbe solo di verificare se le spettanze alle imprese private siano poi state liquidate. Ci sarebbe un problema, infine: se io del danaro altrui nella mia disponibilità faccio un uso diverso, che cosa succede? E se, mutatis mutandis, lo fa la pubblica amministrazione nei confronti di soggetti privati, cambia qualcosa? E’ quel che si capirà se le denunce anche penali, minacciate da diverse imprese esasperate dall’Asl, inizieranno a correre.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Le Cronache” del 5 luglio 2015)

Peppe Rinaldi

Giornalista

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