Non è la prima volta che succede e molte cose lasciano immaginare che non sarà neppure l’ultima. Lasciare a piedi un’intera città perché nessuna compagnia di assicurazione ha voluto caricarsi il rischio del parco mezzi della società pubblica di trasporti è, in qualche modo, la fotografia del Paese. Dopo Taranto e Catania, ora tocca a Reggio Calabria.
Dal 16 gennaio i pullman dell’Atam (foto) l’impresa per la mobilità reggina, sono fermi in deposito perché al bando indetto dal comune per l’affidamento del servizio di copertura dai rischi da Rca dei bus non ha risposto nessuno. Un problema serio, sotto ogni punto di vista. Nessuna compagnia si è presentata perché, si sa, comprare rischi in alcune aree d’Italia s’è fatta materia incandescente, il gioco non vale più la candela: del resto, la fuga delle imprese assicuratrici da porzioni di territorio inflazionate dalle truffe non è neppure una novità. Sta di fatto che c’è un capoluogo di regione che da 48 ore non assicura il servizio per il quale le circa 200mila persone residenti hanno pagato le tasse: almeno in linea teorica. Il 31 dicembre sono scadute tutte le polizze dei quasi ottanta autobus, l’Atam ha provato a metterci una pezza con un avviso all’utenza secondo cui «per motivi tecnici» era costretta a interrompere le corse. Più «tecnico» di un mezzo circolante sprovvisto di copertura assicurativa, in effetti, non c’è molto. La situazione, comprensibilmente, è divenuta difficile per la cittadinanza, seppur la ridotta domanda del fine settimana non abbia reso chiara la portata del problema: in un capoluogo di regione c’è l’insieme della funzione pubblica, con scuole, ospedali, uffici, tribunali, centri direzionali e via dicendo.
Giuseppe Falcomatà, sindaco Pd della ritrovata «primavera» per discendenza anagrafica (è figlio di Italo, amatissimo sindaco reggino di alcuni anni fa) ha una brutta gatta da pelare. Con il prefetto Claudio Sammartino, ha già esperito i primi tentativi per risolvere la questione: stamattina, però, chi volesse farsi un giro sul bellissimo lungomare venendo dalla periferia, potrà contare solo sulle proprie forze, meccaniche e fisiche. Le due autorità del luogo hanno già sollecitato i vertici dell’Ania, l’associazione nazionale delle imprese di assicurazione, affinché eserciti la propria «moral suasion» sui propri associati per trovare un’intesa che sblocchi il prima possibile la città dallo stallo. A partire da domani se ne potrà capire qualcosa in più, la chiusura degli uffici di sabato e domenica non ha aiutato. Il comune di Reggio Calabria ha postato in bilancio circa 700mila euro per il pagamento del premio ma, evidentemente, non basta più averceli i soldi in alcuni casi, il punto è la capacità di gestione di un problema conosciuto da tempo e non affrontato. O affrontato male: con il risultato di lasciare a piedi migliaia di persone. Per fortuna, gli scuolabus hanno circolato e gran parte gli studenti ha potuto usufruire del servizio.
L’Atam, va aggiunto, vive un momento di particolare delicatezza: come centinaia di altre società analoghe sparse per il Paese (le così dette “in house”, cioè di proprietà pubblica ma che si comportano come società private, un disastro nel disastro) ha i bilanci scalcagnati, vanta crediti nei confronti della Regione che tardano ad esser soddisfatti, è stata terreno di scontro politico feroce con tutto ciò che questo comporta, per non dire della scontata pressione della magistratura.
E’ stata la procura di Reggio Calabria, infatti, a presentare istanza di fallimento dell’Atam (il tribunale si pronuncerà agli inizi di febbraio), indagando così automaticamente per bancarotta: l’ipotesi è che i bilanci siano stati manovrati per nascondere passività ingiustificate. Uno scenario non proprio attraente per le compagni di assicurazione.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 18 gennaio 2015)