Vincenzo De Luca, ex sindaco di Salerno da poche ore, quando incaricò un dirigente comunale di coordinare il progetto per il termovalorizzatore non doveva inserire nell’atto deliberativo il termine «project manager», perché è figura sconosciuta all’ordinamento. Più corretto «coordinatore di progetto»: allora sì che non sarebbe accaduto nulla e la seconda città della Campania continuerebbe oggi a piangersi un sindaco che si ostina ad eleggere.
Invece è successo che una procura si sia messa di buzzo buono per correggere la stortura, che delle indagini siano state espletate, che ci si sia determinati a intravedervi fattispecie di reato, che queste abbiano assunto la forma dell’abuso d’ufficio e del peculato, che un processo si sia consumato e che una corte di giustizia abbia, infine, giudicato.
Colpevole solo di abuso d’ufficio, il pm voleva dargli 3 anni, il peculato i giudici l’hanno escluso ma un anno di galera l’hanno inflitto comunque. Sospensione condizionale della pena più due di interdizione dai pubblici uffici, dunque, per quell’Enzo De Luca che ieri sera ghignava: «Ora sono sindaco emerito, sono inorgoglito» dopo la formalizzazione della decadenza dalla carica per effetto della Severino.
«Non arretro di un millimetro, venderò cara la pelle» ringhiava l’altra sera alla gente piovuta da tutta la Campania per stringersi attorno a lui. L’ex sindaco non molla, insiste per le primarie cui sarebbe pronto da tempo (contro Caldoro, per ora, sono l’ex braccio destro di Bassolino, Andrea Cozzolino, una dell’area Letta, Angelica Saggese e Gennaro Migliore che, folgorato dal renzismo dopo una vita sulle ginocchia di Vendola, affidato a Pina Picierno potrebbe essere in partita) ma Renzi lo ha palleggiato giorno per giorno, sapeva che sarebbe arrivata una sentenza. Vecchia storia. Non si sa quante castagne i pm abbiano potuto tirare dal fuoco al Pd: De Luca pare abbia fatto giungere a Roma parole a più bassa tensione, attende la contromossa degli uomini di Renzi che in Campania proprio non sanno che pesci prendere.
L’ex sindaco di Salerno, che 23 anni fa pur beneficiò del sistema post Tangentopoli, da tempo era entrato in rotta con il Pd a causa del morbo giustizialista, causa finale della sua defenestrazione. L’altro giorno sembrava Berlusconi: «Non stimo i magistrati che non conoscono il diritto, questo deve diventare un caso nazionale». Fassino, come presidente Anci, ha detto che farà delle proposte. Potrebbe verificarsi un nuovo caso De Magistris, pure lui buttato giù dalla Severino ma subito rimesso in sella dal Tar ma l’ex pm (tra i principali artefici del clima che ha consegnato poi la Severino) è stato condannato per un abuso compiuto da magistrato, De Luca invece era sindaco all’epoca. E non è detto che la soluzione arrivi con un’altra sentenza.
Sempre che non succeda come con Cofferati, andato via dal Pd ma per ragioni diametralmente opposte a quelle che -inverosimilmente- porterebbero De Luca sulla stessa strada. L’abuso di De Luca fu nel 2008, quando il mondo vedeva la Campania sommersa dalla spazzatura. Berlusconi gli diede l’incarico di commissario per l’impianto di Salerno e l’altro giorno una bella condanna penale.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 24 gennaio 2015)