«Il Comune di Salerno offre il seguente servizio: apertura domenica 1 marzo dalle ore 9,00 alle 13,00 e dalle ore 16,00 alle 20,00 per rilasciare la tessera elettorale (necessaria per votare) a chi non ne è in possesso». L’annuncio è stato dato dal circolo Pd “Salerno Sei” e si rivolge a quanti domani dovranno recarsi ai seggi per votare alle primarie del Pd.
E’ il segno dei tempi, il senso vero di queste votazioni che hanno visto esponenziali aumenti di tesserati in sole 12 ore là dove prima manco ce n’era l’odore (vedi Ercolano) scie di lituani, marocchini, tunisini, romeni e ucraini appaltati ai latifondisti della Piana del Sele o, ancora, i cinesi di Cozzolino e qualche sindaco democrat beccato in flagranza con doppioni delle urne. Ora c’è questa storia degli uffici comunali di Salerno aperti di domenica. Può una faccenda privata, di un’associazione privata qual è un partito politico, «prevalere» sul funzionamento dell’istituzione pubblica? In teoria no, in pratica succede. La qual cosa sta già alzando un comprensibile polverone.
Al momento la corsa è sostanzialmente a due, perché quella del socialista ed ex assessore bassoliniano Marco Di Lello, è una legittima conta d’area. Nello Di Nardo, navigato dipietrista campano sulla scena da tempo, ha abbandonato la barca all’ultimo minuto. Resta tutto in piedi, dunque, lo scontro tra Vincenzo De Luca (foto a destra) e Andrea Cozzolino (foto a sinistra) riedizione della storica rivalità tra il sindaco “emerito” di Salerno e l’arcinemico Antonio Bassolino.
E da domani la seconda regione italiana sarà una specie di Chicago anni Venti in vernice democratica. Tant’è che da Roma -notizia dell’ultim’ora- è partita la richiesta di spedire degli osservatori, persone che dovranno controllare il regolare svolgimento della competizione. Manca l’indice macchiato nel tampone d’inchiostro e siamo direttamente a Kabul. Il resto è banalità moralistica, la solita, nel caos generale: il deputato Massimo Paolucci, dice di dimettersi dal Pd (ovviamente non dal seggio) perché vede “cosentiniani” ovunque: il che, detto da un protagonista negli anni del Rinascimento bassoliniano, si fa anche comico. Come l’ininfluente, fedelissimo di Enrico Letta, il deputato Guglielmo Vaccaro, che ha già detto che per lui decide Roberto Saviano. E che preferisce Caldoro se deve scegliere tra i due. Che sono del suo stesso partito. Si è capito dunque quanto sia seria questa “festa democratica”?
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 28 febbraio 2015)