NAPOLI- Una mostra riuscita, dove tutto ha un senso e una logica precisa. L’incontro tra gli artisti Antonio Biasucci e Nino Longobardi alla Galleria Casamadre ha il sapore di qualcosa di didattico, che qualcosa toglie all’impatto emotivo, ma che restituisce in termini di “comprensibilità”. In esposizione è soprattutto la coerenza, che lega indissolubilmente opere, spazio e spettatori.
Lo spunto, che ha dato vita al progetto artistico comune, è stato il lavoro fotografico sui crani “vuoti” di Biasucci, realizzato in collaborazione con il Museo Antropologico di Napoli, a partire dai resti di quelli che furono probabilmente dei soldati francesi del ‘700 uccisi in combattimento. Da qui parte il dialogo con la rappresentazione, stavolta “piena”, dei crani di Nino Longobardi, generando l’origine della dialettica che anima l’intero allestimento, il contrasto tra pieno e vuoto.
Entrambi gli artisti, legati da una matrice culturale partenopea, fondano la loro ricerca sui temi della vita e della morte, dell’origine e della catastrofe, dell’inizio e della fine. Argomenti questi che, al di là dell’appartenenza al sostrato culturale napoletano, accomunano l’intera umanità.
Pur utilizzando linguaggi artistici diversi, i colori predominanti sono il bianco e il nero, usati al fine di scarnificare le forme, eliminare il superfluo, scavare fino all’essenza.
I crani, le mozzarelle e i ritratti fotografati da Antonio Biasucci (Dragoni, 1961) emergono da un nero primordiale, da un altrove misterioso, punto d’inizio e di fine di ogni cosa, carico di interrogativi. Gli oggetti rappresentati, forgiati e scolpiti dalla luce, emergono dal silenzio e non sono più riconoscibili se non nel nuovo significato che ognuno intende attribuirgli. Si ha la sensazione che qualcosa stia emergendo da una massa informe per tornare a nuova vita. Anche la morte, rappresentata da un teschio, rivive attraverso questa dinamica di continui contrasti.
Le rappresentazioni materiche di Nino Longobardi (Napoli, 1953), ruotando anch’esse intorno all’essenzialità della scarnificazione della materia, hanno i contorni impalpabili ed evanescenti che, tuttavia, rendono la morte tangibile e “visibile” mediante la presente incorruttibilità dei resti umani.
A fare da collante tra le opere e il sito espositivo è l’uso simbolico ed estremamente intelligente dell’illuminazione delle sale. Tutta l’atmosfera è intrisa di luce argentea, forte e abbagliante, tanto da rendere lo spazio “bianco” con le opere e gli astanti “neri” l’ennesimo contrasto tra pieno e vuoto. Va però riconosciuto che la scelta di un’illuminazione di questo tipo ha come elemento critico quello di stemperare il senso di mistero e di silenzio che circoscrive le opere, che perdono in termini di sacralità e carica emotiva.
L’essenzialità delle forme lascia la massima libertà d’interpretazione allo spettatore, che può sostituirsi all’artista e immergersi nei solchi, nei vuoti e nei “negativi fotografici” visualizzando e portando fuori il proprio sentire. Qualcuno ha letto nei contorni di un teschio la figura di una farfalla restituendo pienamente il senso della ricerca dei due artisti: lasciare che la forma scarna di un tema universale si trasformi in un veicolo d’indagine per la propria interiorità.
Arianna Piccolo
Exibart
Fino al 27 febbraio 2015
Antonio Biasucci – Nino Longobardi
Galleria Casamadre Arte Contemporanea
Piazza dei Martiri 58, Palazzo Partanna – Napoli
Orario: dal lunedì al venerdì ore 10,30 – 13,30 / 17 – 20, sabato su appuntamento.
Ingresso: libero
Info: tel +39 081 193 60591, info@ lacasamadre.it