ARCHIVIODue pesi, due misure: le toghe rieleggono De Magistris

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De Magistris reintegrato

C’è un paese europeo dove tutto è questione di magistrati. Anche la politica, con conseguenze spesso tragiche. Si chiama Italia. Prendi Napoli, sua terza città: il sindaco è stato eletto dai cittadini oltre 3 anni fa ed è un ex magistrato, che altri magistrati hanno sbalzato dalla sedia salvo poi esser rialzato e risistemato in poltrona per mano di magistrati ulteriori.

 

 

Luigi De Magistris (foto) è infatti tornato in carica per effetto dell’ordinanza del Tar (n.04798/2014) che ha annullato il provvedimento del prefetto che l’aveva sospeso dopo una condanna a 15 mesi ricevuta poco prima. Lui esulta: «Rieccomi». E dice che continuerà «a fare il sindaco di strada con maggior entusiasmo così come ho fatto in queste settimane» e ringrazia «chi mi ha aiutato in giorni difficili, soprattutto il sindaco facente funzioni Sodano». Palazzo San Giacomo, comprensibilmente, ieri era avvolto in un clima festoso.

Tutto è cominciato perché da Roma è piovuta una condanna per abuso d’ufficio in concorso: in pratica, quando faceva il pm avrebbe spiato senza le prescritte autorizzazioni alcuni parlamentari su cui indagava violandone le prerogative costituzionali. Con lui il suo ex consulente informatico Gioacchino Genchi. E’ successo circa 7 anni fa, ai tempi belli della Calabria, del circo mediatico e dei Santori&Travagli a volontà. Nel frattempo è successo di tutto, perfino che diventasse sindaco di una delle città più complicate al mondo trascorsi un paio d’anni a Strasburgo tra le file Idv. Senonché, essendo -come si diceva- l’Italia un posto dove un singolo magistrato può piegare in due qualunque organo elettivo democratico, la politica ha pensato bene di «continuare a dar da mangiare al coccodrillo sperando di essere mangiata per ultima» (Churchill).

Il 31 dicembre 2012, infatti, il Parlamento ha approvato la legge Severino (governo Monti) che prevede la sospensione dalle cariche in caso di condanna di I grado pure per il reato di abuso d’ufficio. Prima non era così, oggi sì. E se il fatto si fosse verificato prima di quest’ennesima, automatica cessione di potere nelle mani delle procure? Secondo i fondamentali del diritto, della Costituzione e di qualche secolo di civiltà occidentale, non dovrebbe accadere nulla: «La legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetto retroattivo» recita l’art.11 delle Preleggi; «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso» scrive l’art. 25 della Carta. Ora, a meno che non ci si chiami Silvio Berlusconi se si sottopone la «non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale» a un giudice -come ha fatto Giggino vedendosi accolto un solo motivo specifico su quattro, altrettanto importanti- si rischia di vedersela accolta. Esattamente com’è successo all’ex pm che, forse per la prima volta, contribuirà a far chiarezza su un tema centrale sul piano dei diritti (veri) dei cittadini.

«Posso dire solo che abbiamo fatto una fatica enorme, considerata la complessità del quesito» ha detto il presidente del Tar Campania, Cesare Mastrocola, che con Paolo Corciulo, relatore (è stato giudice del tribunale ordinario durante la permanenza napoletana in procura di De Magistris nel ’98-’99) relatore, e Carlo Dell’Olio, giudice a latere, ha emesso l’ordinanza.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 31 ottobre 2014)

Redazione Eolopress

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