Stanno cercando posti liberi dove sistemare i pazienti, c’è l’ordine scritto dei vertici Asl di Salerno. Si tratta di acquisire la disponibilità di altre strutture territoriali ad accogliere i disabili in trattamento. Fine della telenovela: l’Ises, la famosa ‘clinica del Pd’ per via dell’elevato tasso percentuale di parentela/vicinanza/affinità con la politica e le istituzioni locali, è in chiusura. Non rispetta la legge. Punto.
Lo hanno messo nero su bianco il direttore generale Antonio Squillante il 7 agosto scorso (in accoglimento di due atti, uno addirittura del 10 febbraio e l’altro del 7 luglio 2014) e il giorno dopo il direttore del dipartimento Programmazione e Controllo Committenza, il “mitico” Federico Pagano. Il quale, dopo le dovute premesse, scrive l’8 agosto ai direttori sanitari dei distretti e alla stessa direzione generale Asl: « (…) si chiede, in particolare al Direttore del Distretto di Eboli, di conoscere con urgente riscontro il numero e la tipologia degli assistiti; inoltre ai destinatari della presente il riscontro presso le strutture sanitarie che insistono nel territorio di competenza la possibilità di eventuale capacità di accoglienza di eventuali pazienti provenienti dalla struttura in oggetto (cioè l’Ises, ndr). Sarà cura, in breve tempo, di trasmettere alle SS.LL. la peculiarità dei pazienti sopra».
Morale della favola: il centro chiude e i ‘prigionieri’ -agli atti di indagine della procura di Salerno risulterebbe addirittura che alcuni ospiti non escono dal centro dal 2009!- saranno allocati in strutture con requisiti minimi di civiltà. E i lavoratori? Ecco, senza scomodare la celebre immagine di un intramontabile Alberto Sordi intento ad armeggiare con braccia e labbra, si potrebbe eufemisticamente dire che per loro le cose si siano complicate: eppure si trattava (si tratta?) di una cooperativa, soggetto giuridico che consente maggioranze e minoranze, dove i lavoratori possono decidere chi, come, cosa e quando intervenire. Non esistono padroni in strutture del genere. Se tutto è andato in un certo modo una ragione ci sarà. Vorrà dire che i soci e i lavoratori Ises se ne faranno una ragione con i veri responsabili del loro imminente stravolgimento di vita. Che non fa piacere a nessuno, anzi.
A partire dal primo cittadino ebolitano, il piddino Martino Melchionda, ex amministratore del centro. Se non l’avesse tirata fuori lui la storia della carenza dei requisiti, se non fosse andato personalmente in prefettura a mettere nero su bianco che quel posto non poteva più stare aperto perché non in regola con la legge, la notizia non sarebbe mai uscita fuori e, di conseguenza, la sottrazione sistematica di risorse pubbliche sarebbe andata avanti finché possibile. Non dimentichiamo che sull’Ises ci sono 3 inchieste in corso della procura più un processo già incardinato. Le strutture comunali che avrebbero potuto risolvere la questione, salvando posti di lavoro e dando anche un minimo di continuità assistenziale a quei poveracci reclusi nel centro, sono sotto gli occhi di tutti: resta da capire come mai ci si ostini a non seguire questa strada, altre non ne esistono. Eppure gli spazi pubblici l’amministrazione guidata dal Pd sembra li abbia “regalati” a destra e a manca. Con l’Ises no, meglio se tutto è complicato, incomprensibile, misterioso, difficile, insormontabile, nebuloso: e si sa che tipo di fertilità presentino questi terreni.
Il fatto che questo centro sia prossimo alla chiusura non cancella la gigantesca questione del danaro indebitamente percepito nel corso di questi anni e di cui continueremo a chieder conto (a partire dallo scandalo recente di circa 3 milioni di euro versati dall’Asl sulla base di fatturazioni opache e non dovute). Lo ammettono dalla stessa Asl quando scrivono della carenza dei requisiti (e finora cosa hanno controllato, perché hanno elargito soldi pur sapendo?) oltre che dal comune di Eboli. I due cuori del problema centrale.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Cronache del Salernitano” del 28 agosto 2014)