C’era folla lunedì sera dinanzi alla statua di San Francesco di Paola (foto) alle spalle della chiesa di San Vito Martire a Cosenza. L’andirivieni era non solo giustificato ma addirittura obbligato: si trattava di capire quanto fosse fondata la voce che da alcune ore circolava con insistenza per tutta la città. E non solo.
La statua del santo calabrese per antonomasia, “titolare” di uno splendido santuario nella vicina Paola, lacrimava, o così è parso, come in fondo sempre pare nelle storie di questo tipo. Almeno finché la verità non sarà una e definitivaEcco perché la Chiesa -e la diocesi cosentina nel nostro caso- sono sempre molto prudenti quando si tratta di prendere posizione su fenomeni, apparentemente inspiegabili. Tant’è che da monsignor Nunnari, vescovo di Cosenza, sotto la cui guida si stanno facendo accertamenti, non è ancora uscita una parola.
Lunedì sera, intanto, oltre duecento fedeli si sono addensati in piazza Zaleuco di Locri per guardarla da vicino quella statua che ancora mostrava i segni delle lacrime scorse sul viso del santo: di lì alla preghiera comune e alla recita del Rosario il passo è stato breve. Ieri mattina il via vai non s’è fermato, la gente ha proseguito, mossa da speranza e curiosità. E’ un mondo complesso quello delle apparizioni, delle lacrimazioni di statue ed icone religiose, non è questione da liquidare semplicisticamente. Al netto delle furbizie di qualcuno, s’intende.
La statua è in un quartiere popolare, lungo via degli Stadi, dove sorge un campo sportivo e dove Cosenza finisce, poi si entra nel comune di Castrolibero.
Palazzoni popolari, insediamenti urbani risalenti all’epoca del “vecchio leone” di Cosenza, l’indimenticato ex ministro socialista Giacomo Mancini, materiale creatore della città più laica -diciamo- di tutta la Calabria. Non tutte le creazioni, naturalmente, riescono perfette (di quelle ce n’è solo una) tant’è che l’insediamento di una comunità rom proprio nei paraggi della chiesa e della statua, per giunta in una strada senza uscita, si è già trasformata in enclave inviolabile. Un tempo c’è stato un padre gesuita a tentare l’impossibile, oggi è andato via e si fa quel che si può.
Il parroco della chiesa è muto, non dice nulla sulle lacrime, così il vice parroco e pure quello che c’era prima, don Giancarlo Gatto, ora cappellano del carcere, colui che favorì la nascita in loco di due comunità neocatecumenali, oggi divenute sette. Un humus propizio per la diffusione della fede, compito non facile. Si tratta adesso di capire come incastrarvi il fenomeno di quest’ultima lacrimazione.
Ecco in quale contesto nasce questo nuovo fenomeno in una terra, la Calabria, alle prese con problemi di tenuta sociale e di ordine pubblico derivanti -anche- da forme di religiosità popolare di antichissima tradizione, di cui pure si è discusso a livello nazionale recentemente a causa delle stravaganti interpretazioni delle dinamiche di alcune processioni. Come è successo ad Oppido Mamertina con il famoso “inchino” della statua della Madonna dinanzi alla casa di un vecchio boss ai domiciliari. Episodio da cui sarebbe perfino scaturita un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria (ci sono 25 indagati tra i portatori della statua): siamo pur sempre in Italia. E ci sarebbe anche qualcuno vicino alla Chiesa che azzarda l’ipotesi che il pianto della statua di San Francesco sia dovuto proprio alle condizioni in cui si trova la Chiesa stessa.
Adesso c’è chi grida al nuovo “miracolo cosentino” perché non c’è stato solo San Francesco di Paola a piangere nelle ultime ore. A Piane Crati, paesino della provincia con circa 1500 abitanti, la Madonna di Medjugorie pare abbia versato altre lacrime. Se n’è accorto un gruppo di giovani che passavano per la piazzetta del paese dove è sistemata la statua. Anche qui sono in corso indagini ed approfondimenti ma qualcuno avrebbe già fatto sapere che si sarebbe trattato di effetti del maltempo. Voci su voci. Non va sottaciuta la particolarità dell’inspiegabile guarigione di un abitante del posto, ex paralitico ora guarito dopo un viaggio proprio a Medjugorje. C’è da attendere ma la verità, prima o poi, la conosceremo. Qualunque essa sia.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 30 luglio 2014)