“L’architettura è musica congelata”, ebbe a dire Goethe con una massima divenuta canonica. Al tempo stesso è legittimo parlare di architettura per le composizioni musicali, laddove la definizione dello spazio è segnata da note e non da linee. E ciò è massimamente vero per le composizioni organistiche, che vedono l’organo strumento sovrano ad esprimere tutta la gamma dei sentimenti umani nella loro più complessa architettura.
Se ne ha dimostrazione nella serie di concerti organizzati per il restauro del grande organo della Badia di Cava dei Tirreni (foto) opera finanziata dalla Regione Campania e propiziata dal consigliere Giovanni Baldi, che, oltre ad essere medico, è stato anche organista titolare dell’abbazia.
L’organo attuale di ben 3595 canne, realizzato nel 1927 sotto l’abbaziato di Placido Niccolini dalla ditta Balbiani Vegetti Bossi, sostituì integralmente quello precedente e s’impone oggi allo sguardo del visitatore per la sua maestosa mostra che domina tutta la navata principale della cattedrale. Al termine di un accurato restauro che ha interessato le parti lignee come quelle meccaniche, nonché il completo aggiornamento della componentistica elettronica, l’organo è ritornato alla sua ordinaria espressività. Se ne è avuta conferma nel concerto inaugurale tenuto il 12 luglio dal maestro Jordi Augustì Piqué i Collado, monaco benedettino dell’abbazia di Monserrat in Catalogna e preside dell’Istituto teologico S. Anselmo sull’Aventino a Roma, e, a seguire, con il concerto del 19 luglio eseguito dal maestro Walter D’Arcangelo.
In entrambi i casi, al di là delle peculiarità di stile degli esecutori, il grande organo ha dispiegato tutta la sua potenza espressiva, variegata di repertorio barocco come di quello romantico e contemporaneo. In tutti i casi, la trasformazione di ogni musica eseguita per organo in “musica religiosa” diviene percepibile in ragione della particolare cifra che lo strumento impone ad ogni partitura. Persino in una singolare rivisitazione di temi jazz proposta da D’Arcangelo come fuori programma del suo concerto.
Su tutti i compositori regna sovrano Bach, detto, non a caso, in gergo “il principe” nel senso di primo, il cui culmine espressivo resta ineguagliato, tale da essere attore necessario in ogni concerto per organo. Presente in entrambi i concerti, con raffinato gusto, vi è stato giustapposto Mendelssohn, della piena temperie romantica, che recupera la composizione organistica classica adeguandola allo spirito dei tempi. Confronto anche tra la scuola tedesca e quella francese con Franck nella comparazione anche di diverse stagioni culturali che segnano i momenti dello spirito. E, se il barocco nella particolare declinazione di Bach o di Hendel, sembrano sempre imporsi all’uditorio per la magniloquenza dell’espressione, non meno significativi risultano i toni meditativi di molte pagine del repertorio romantico e contemporaneo.
Le tre tastiere dell’organo, nella loro differenziata modulazione, positivo-espressivo, grand’organo, recitativo-espressivo, hanno dato ragione della grandezza dello strumento che inonda lo spazio delle volte di note, confermando l’intuizione di Goethe di una connessione profonda tra la scansione del ritmo musicale e della linea architettonica. La differenza è nel “calore” che la musica, all’opposto dell’architettura, immediatamente trasmette nella rappresentazione dell’emotività umana e senza vincolo necessario di razionalità.
L’ultimo appuntamento della rassegna organistica della Badia di Cava è per il prossimo 26 luglio alle ore 20,00 con il concerto del maestro Cosimo Prontera.
Nicola Russomando
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