ARCHIVIORivolta di immigrati in Campania: «Qui è peggio di Lampedusa»

admin15/07/2014
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Castel Voltruno africani neri

Due immigrati gambizzati da italiani dopo una lite. E la rabbia della comunità straniera che esplode. Feroce ed incontenibile. In un raid punitivo che ha visto più di cento africani mettere a ferro e fuoco le strade del paese, Castel Volturno, sei anni dopo la strage di immigrati per mano delle schegge impazzite dei casalesi di Peppe Setola. 

 

Anche allora  la rivolta degli africani fu a un passo dal provocare un vero e proprio stato d’assedio, con blocchi stradali, incendi, pestaggi e violenze (quasi) di ogni tipo. Finì con l’ordine ristabilito con la forza. Anni di convinvenza difficile. Poi domenica notte di nuovo lo spettro della rivolta e nessuno che possa assicurare che non accada ancora di trovarsi con due cittadine come Castel Volturno e Mondragone tagliate in due da proteste contrapposte: italiani contro immigrati e viceversa, incubo ricorrente.

Questi i fatti: due italiani decidono di ‘punire’ un ivoriano (si sarebbe poi scoperto fosse nigeriano) che avrebbe reagito a un vigilante che gli chiedeva conto di una bombola di gas ‘in spalla’ a bordo di una bici, considerata rubata. Gli scontri nascono dalla nota condizione della frazione Pescopagano che ricade sì nel territorio di Castel Volturno ma è condivisa con il comune di Mondragone. Anzi, la zona più critica è Torre di Pescopagano che è già Mondragone.

Tutto sarebbe successo quando Pasquale Cipriano, agente privato di vigilanza, incrocia l’immigrato. Gli chiede se abbia rubato in un certo appartamento la bombola di gas. Inutile dire che dal diniego è scaturita la prima rissa, con un amico dell’africano intervenuto in suo aiuto. Si pensava finisse lì, le tensioni con i residenti sono frequenti. Invece Pasquale ricompare col figlio 21enne, Cesare. Spunta una pistola, partono i proiettili che feriscono i due stranieri -30 e 37 anni- alle gambe. Fuggono, ma saranno fermati ed arrestati con l’accusa di tentato omicidio. Intanto è scoppiato l’inferno (foto in alto da www.fanpage.it): gruppi di africani, circa duecento, che rovesciano cassonetti, spaccano tutto ciò che trovano davanti (poca roba, là non c’è molto), assaltano il villino dove abitano i due agenti della ditta “La Custodia” ed incendiano almeno 4 auto.

Sul fatto è intervenuto anche il ministro Angelino Alfano che ha puntato il dito contro gli arrivi di immigrati: «Siamo generosi ma non possiamo accogliere tutti» confondendo così Mondragone con gli sbarchi. L’europarlamentare Pd, Pina Picierno, non è andata oltre le rituali banalità sull’integrazione arricchite da un’altrettanto scontata convocazione del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Anche Maurizio Gasparri s’è lanciato in discorsi su Mare Nostrum, operazione che con questa storia non c’entra niente perché a Pescopagano il «cancro» c’è da decenni. Basta vederlo: un mare di degrado di un’area con una popolazione di oltre 25mila africani, metà almeno senza lavoro e l’altra metà piegata nei campi o in altro. Droga, prostituzione, miseria, violenza, sopraffazione sono la regola. Si consideri che il solo comune di Castel Volturno smaltisce oltre 120 tonnellate di rifiuti al giorno, numeri che contrastano con la popolazione residente ufficiale.

Ieri mattina la tensione è risalita, con la Domiziana bloccata da un corteo di italiani all’insegna dello «Stato assente». Ma il cuore della protesta è lo stesso di sempre: «Presenza di forze dell’ordine sul posto, qui ormai comandano  gli immigrati, molti non lavorano e ci rubano in casa. C’è solo violenza, droga e reati di ogni genere».

Lo hanno detto un po’ tutti, lo stesso sindaco Dimitri Russo, eletto da poche settimane, dice che «qui è 10mila volte peggio di Lampedusa». Ed è vero, com’è vero che non è facile relazionarsi con chi spesso dice «Qui comandiamo noi». Solo chi non conosce quelle zone può negarlo.

Poi c’è il risvolto della medaglia, con gli africani che decisi a farsi rispettare hanno bloccato le due cittadine. «Non siamo bestie, gli italiani ci sparano addosso senza ragione. Pretendiamo rispetto» è stato il leit motiv. Alla fine tutto rientra, almeno fino al prossimo corpo a corpo.

Una delle figlie del vigilante ha raccontato il terrore di quei momenti, quando il villino è stato incendiato. «E’ guerra con questa gente, assaltano e rubano. Io ho pensato di morire» ha detto.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 15 luglio 2014)

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