ARCHIVIOCalabria, l’«inchino» della discordia: si indaga per capire se ci sia da indagare

admin10/07/2014
https://www.eolopress.it/index/wp-content/uploads/2014/07/Oppido_Mamertina_processione.jpg

Oppido Mamertina processione

Non è una bufala. La notizia che la Dda di Reggio Calabria abbia inscritto nel registro degli indagati 25 portatori della statua della Madonna delle Grazie (foto dal web) è vera. Vera, effervescente e creativa come da tempo si osserva nei carnet dei capi di imputazione: associazione a delinquere di stampo mafioso, un bel 416 bis del codice penale, che una volta appiccicato addosso Dio solo sa se e quando ne verrai a capo. Nel bene ma purtroppo anche nel male. 

 

E chissà che questo non sia uno di quei casi, visto che lo stesso capo dei pm De Raho ha precisato che «per il fatto in sé non c’è reato specifico». Non c’è reato specifico ma si indagano 25 persone, moralmente riprovevoli -forse- ma non per questo, automaticamente, meritevoli dell’interesse del codice penale. Ma siamo in Italia, dove si indaga per capire se vi sia qualcosa su cui indagare, poi si vedrà.

Il famoso ‘inchino’ (che ha eccitato tanto Fiorello al punto da lanciare il coraggiosissimo hashtag #iononminchino) della statua durante la processione ad Oppido Mamertina davanti casa di un ergastolano 82enne e malato, ha prodotto le sue nuove vittime e i suoi primi eroi. Gli autori del ‘terribile’ gesto sono stati tutti identificati grazie al lavoro dei carabinieri locali, guidati dal maresciallo Marino, colui che ha dato la stura a tutto abbandonando per protesta il corteo.


La tragedia della Calabria, come dell’intero sud, è sì la mafia ma l’antimafia professionistica e/o volontaristica raddoppia il problema, per non dire delle diffuse propaggini mediatiche: c’è già chi si è spinto (vedi l’associazione ‘Riferimenti’) a chiedere una lista di proscrizione in cui inserire i nomi di Oppido ma pure quelli che andranno al santuario di Polsi, all’Affruntata di Vibo o altrove. Un modo come un altro per non uscire più dal pantano delle chiacchiere, mentre le cosche continuano a macinare centinaia di milioni di euro con droga ed armi: il resto dei reati ormai è quasi impossibile compierli visto il fiato sul collo dello stato (e meno male).

«Si tratta dell’avvio dell’indagine» -continua De Raho- «perché Il fatto è indicativo di una contiguità. Bisogna capire chi sono questi soggetti, evidentemente condizionati o contigui alla cosca»Si tratta di persone non riconducibili a nessuna organizzazione ma neppure a congreghe religiose. 
Gran pasticcio all’orizzonte. Immaginare il processo che ne potrebbe scaturire sarà una scena da oggi le comiche. 

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 10 luglio 2014)

admin

Leave a Reply