Quando esci dall’ascensore ed imbocchi il corridoio che conduce al suo ufficio al tredicesimo piano del palazzo del Consiglio regionale della Campania, al centro direzionale di Napoli, capisci subito che stai entrando nella bocca del leone. Già, perché l’ufficio di Mario Morlacco, commissario straordinario di governo per la Sanità, è circondato da una serie di stanze occupate da dirigenti e funzionari, sottodirigenti e sottofunzionari, semplici impiegati, segretarie, insomma da tutto quell’universo che a vario titolo presiede «dall’alto» al funzionamento del sistema sanitario regionale. Ovviamente, non solo al funzionamento ma pure a quell’indefinita cortina fumogena che rende sfuggenti la mano o il tratto di penna di chi incide sui vari comparti.
Mario Morlacco, in un certo senso, sta là proprio per questo: sistemare, ordinare, tagliare, ottimizzare, comprendere, capire, decidere, optare, combattere, difendersi, vigilare. Ha i poteri pieni per farlo, non deve dar conto a nessuno, neppure a Stefano Caldoro che tecnicamente gli sarebbe “superiore”. Lo hanno mandato qualche anno fa da Roma quando ci si rese conto che tre lustri di sistematico saccheggio della sanità targato Bassolino-De Mita (quindi, Partito democratico) avevano creato un buco di poco meno di 10 miliardi. Naturalmente di euro. Non c’era altra scelta, il saccheggio si fece assedio costante, il governo virò su uomini di assoluta fiducia in Campania, in Calabria e nel Lazio. La storia è nota: da aggiungere c’è solo la registrazione di esilaranti siparietti regalati dalle proteste attuali di sindaci vari del Pd che fingono di disperarsi per il nuovo corso preso dalla sanità campana. Che, va detto, non è che dipenda in toto da Morlacco, nel senso che continuano ad esistere i direttori generali delle Asl di nomina politica (la legge lo prescrive) i quali operano a seconda delle esigenze territoriali. Lasciamo -per ora- le fasi di stagnazione o di caos che da qualche parte persistono, non sta scritto da nessuna parte che con il governo di centrodestra si sia realizzato l’Eden in terra: quel che è sicuro, però, è che lo scenario di prima è inarrivabile.
Incontriamo Mario Morlacco nel suo ufficio napoletano mercoledì mattina, sono circa le 11,30. Cronache e l’uomo che ha in “pugno” la sanità campana resteranno insieme circa un’ora. A spingere da lui è stata la vicenda – divenuta ormai surreale oltre ogni limite- dell’Ises, il centro di riabilitazione di Eboli (Sa) sprovvisto delle certificazioni di legge per operare e che, nonostante ciò, ha percepito e percepisce fondi pubblici dall’Asl. Anche questa è storia nota. E, a quanto pare, lo sa anche Mario Morlacco, colui che ai manager delle Asl impartisce direttive, delinea cornici entro cui operare, taglia o aumenta fondi, decide in pratica tutto.
«Si, ne sono stato informato e mi sono documentato, per quanto possibile» dice aCronache quando entriamo in argomento
«Li vede quei due faldoni sulla scrivania dietro di lei e questo qui sulla mia?»
Uno sguardo veloce alla montagna di documenti rende subito l’idea, sembra di stare in un tribunale se non fosse un ambiente pulito, ordinato, arioso, organizzato e sufficientemente illuminato.
«Ecco, solo queste due pile riguardano la riabilitazione, un settore che intendo ordinare. Presumo non sarà una passeggiata»
Dottor Morlacco, tutta la nostra solidarietà, quel po’ che abbiamo capito è che si tratta di un settore dove servono non centomila ma un milione di occhi aperti per evitarsi guai e fregature.
«Be’, linguisticamente non siamo sulla stessa linea…»
Mi pare chiaro, io brutalizzo nella speranza che i concetti arrivino prima
«E infatti è arrivato, preciso e chiaro»
E dunque?
«Dunque stiamo parlando di un settore che “vale” circa 300 milioni di euro annui in Campania. Non so se rendo l’idea»
La rende alla perfezione, ma io sono venuto qui per sentire dalla sua bocca parole definitive, almeno chiare su questa storia dell’Ises (ma vale per tutti gli altri nelle stesse condizioni anche se nessuna struttura è combinata come l’Ises), dal momento che finora non esiste una posizione né ufficiale né ufficiosa delle autorità competenti.
«Si, ho capito e so di cosa parliamo ma facciamo così: ragioniamo come se stessimo discutendo degli ultimi 12/24 mesi perché tutto ciò che riguarda il passato di questa struttura o altre, capirà che non è più un problema mio -almeno non soltanto, mettiamola così- né di questa istituzione»
Morlacco non lo dice espressamente, non è così ingenuo ma è ovvio il riferimento alle forze dell’ordine, alla magistratura ordinaria e contabile. A volte le parole valgono di più quando non vengono dette.
Dottor Morlacco, ci chiarisca questa cosa allora: se un’Asl è a conoscenza che un centro di riabilitazione non ha i requisiti chiesti dalla legge per poter operare, che cosa succede? Chi deve far cosa?
«Non giriamo attorno alle parole, si accontenti di questa risposta alla quale, credo, non ci sarà altro da aggiungere. Questa, la virgoletti pure con tranquillità: se un’Asl viene a conoscenza -in qualsiasi modo e in qualunque momento e in qualunque stadio della pratica- che un centro è fuori dalle regole e non ha i requisiti chiesti a tutti, c’è una sola cosa da fare…»
Quale?
«Emanare un provvedimento di non accreditabilità. Punto».
Punto?
«Si, punto. Non le torna?»
Mi torna eccome, del resto è stato fatto per centri all‘avanguardia e per fesserie di centimetri difformi dalle planimetrie, come per la Clinica Malzoni di Avellino o altri messi infinitamente meglio del centro Ises.
«Si, lo so, i casi ci sono in Campania»
Dottor Morlacco, le dicevo che non sarei qui se mi tornassero i conti, vista anche la babele di pareri e prescrizioni e i balletti tra enti per passarsi la palla: confusione solita per mestar nel torbido insomma?
«Questo lo dice lei, io ciò che dovevo dirle gliel’ho detto»
E allora come si spiega questa situazione all’Asl Salerno?
«Vedremo di capirne qualcosa in più. Di fatto c’è che la regola della “Quattro A” è inderogabile per me, è un principio al quale ci siamo uniformati per tutti»
E che cos’è?
«La ripeto spesso, da qui non ci smuove nessuno: 1) autorizzazione alla realizzazione; 2) autorizzazione all’esercizio; 3) autorizzazione all’accreditamento; 4) autorizzazione alla contrattualistica. Non possono essere disgiunti questi aspetti, si tengono tutti insieme, se manca uno crolla il resto».
Mi sembra un ragionamento corretto, almeno chiaro. A noi è stato riferito che l’Asl di Salerno abbia concesso altre proroghe per la verifica dei requisiti per l’accreditamento definitivo. Noi sappiamo che è contro la legge questa cosa. Secondo lei è possibile?
«Spero di no, che non l’abbiano fatto perché non è possibile. Non più. Se si tratta di sciocchezze, una lampadina che non funziona o un rubinetto da aggiustare passi pure, per il resto, se mancano i requisiti sostanziali, l’argomento è chiuso. La legge ha fissato oltretutto i tempi e da quelli non si scappa. A meno che non intervenga una nuova legge».
Le assicuro che a me è stato anche detto che c’è stata una proroga dei termini.
«Ma non riguarda le Asl, che hanno chiuso l’istruttoria sul finire dello scorso ottobre o novembre -ora non ricordo con precisione a mente- e nono possono essere andati oltre quella data. Non si poteva, non si può. Nessuno vuole spaccare il minuto, non siamo così stupidamente fiscali ma è luglio, va da sé che non sia possibile come le hanno riferito. Se è ome dice lei naturalmente».
Giuro di sì. Allora com’è che si continua a dirla?
«E io che ne so, forse hanno capito male e si riferivano all’ente. Cioè, è la Regione che ha avuto una proroga fino all’ottobre di quest’anno per emanare il decreto di accreditamento, che sarà singolo, struttura per struttura. Le Asl non c’entrano, loro devono solo aver già chiuso tutta l’istruttoria».
Dottore, il centro Ises di Eboli -che ha ricevuto la milionesima commissione Asl proprio l’altro giorno- è l’unico in tutta lo sconfinato territorio dell’Asl Salerno che non ha una delibera né di accreditamento né di non accreditamento come è stato fatto per tutti gli altri. E’ possibile?
«Direi di no»
Fine dell’intervista. Non c’è altro da aggiungere.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Cronache del Salernitano”