L’associazione dei tour operator l’ha scritto in una delle tante note diffuse ai media relative alla vicenda della chiusura improvvisa degli scavi di Pompei: «Solo in Italia si chiudono i siti archeologici per riunioni sindacali». Verissimo.
Com’è altrettanto vero che solo in Italia ci si ritrova quasi «costretti» a sperare che un riconoscimento da parte dell’Unesco non vada in porto (parliamo delle Langhe piemontesi) come scrive Mario Giordano: per non fare, cioè, la fine di Pompei. Vale a dire: per non trovarsi d’improvviso con cinquecento turisti bloccati ai cancelli (foto) com’è accaduto in un’assolata domenica -l’altro ieri- durante una puntata della telenovela del sito archeologico più visitato al mondo (qualcosa come 2,5 milioni di turisti annui).
Anche Pompei è patrimonio Unesco, cosa che, in un certo senso, vuol dire tutto e niente, dando in qualche modo ragione alla buonanima di Oriana Fallaci che giudicava l’organizzazione la solita, inutile macchina burocratica, seppur a vocazione culturale internazionale. Se a questo si unisce il rischio di innestarci sopra i mali italiani per eccellenza, la situazione rischia di farsi tragica, dopo esser stata comica spesso: dalla burocrazia dei certificati al sindacalismo a corrente alternata, dagli appetiti criminali sui fondi europei per il rilancio, dal corpaccione delle sovrintendenze a quello del ministero, fino ai furti di reperti archeologici, ai crolli causati dal tempo ma soprattutto dall’incuria, ai cani randagi leit motiv per anni nelle descrizioni più diffuse sul sito. Prospettiva poco esaltante.
Ora, al netto di qualche sacrosanta rivendicazione dei lavoratori sui turni e sugli straordinari, vediamo com’è la situazione in queste ore, dopo febbrili trattative tra il sovrintendente Massimo Osanna e il sindacato. Cisl su tutti: al riguardo va segnalato il commissariamento della sezione pompeiana da parte degli organi superiori, tanto che il segretario nazionale Bonanni ieri diceva che «non è giusto prendere in ostaggio i turisti per faccende sindacali». Come dargli torto.
Anche la giornata di ieri era iniziata con l’ennesima assemblea ma, stavolta, i turisti erano stati allertati dando loro modo di organizzarsi. Alle 10 è stata sciolta la riserva, alle 11 i cancelli sono stati riaperti al pubblico. Chissà quanto ha giocato la minaccia mattutina del ministro per la Cultura, Dario Franceschini, di avviare la precettazione dei dipendenti di musei e scavi archeologici, scelta accolta con entusiasmo non solo da Vittorio Sgarbi.
Da oggi e fino a venerdì, dunque, il sito sarà aperto «normalmente», sempre che l’avverbio abbia ancora un significato in un contesto così complicato. Ma venerdì ripartirà pure la trattativa tra Sovrintendenza e lavoratori per tentare di chiudere una volta per tutte la partita. Non è detto che vi si riesca anche perché tutto il can can delle ultime ore è sorto addirittura dopo che alcune rivendicazioni (sul personale nuovo in arrivo, ad esempio) erano state accolte dalle autorità competenti e -pare- rese pure operative. Per non dire dello stanziamento dei primi fondi e la riapertura del Teatro Grande. Ma siamo in Italia, dove tutto può accadere: anche che, proprio stamattina, i cancelli siano chiusi come se non fosse successo nulla. Si vedrà.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 24 giugno 2014)