Monsignor Moretti fa sua la denuncia postuma del cardinal Martini sull’inattualità dei pronunciamenti della Chiesa cattolica. E’ questa l’affermazione più sorprendente del metropolita salernitano nel contesto dell’incontro che si è tenuto al Salone dei Marmi del palazzo di Città di Salerno il 7 marzo per la presentazione del saggio di Angelo Scelzo, vicedirettore della Sala stampa vaticana, La penna di Pietro. Storia e cronaca della comunicazione vaticana dal Concilio a papa Francesco.
L’argomento dell’incontro era dunque riservato al tema della comunicazione in ambito religioso a partire dal decreto Inter mirifica con cui il Vaticano II gettò le basi di una riflessione sui mezzi di comunicazione di massa, media dallo stesso lessico latino del documento, e vedeva la partecipazione, oltre che del vescovo, anche del rettore dell’Università di Salerno Aurelio Tommasetti, del direttore del Tg1 Mario Orfeo, e dello stesso sindaco di Salerno Vincenzo De Luca.
Mentre gl’interventi di Tommasetti e di De Luca si sono soffermati in particolare sui problemi della comunicazione in ambito religioso per sottolineare l’intrinseca difficoltà ad omologarne il messaggio nel flusso produttivo delle notizie stesse, mons. Moretti ha posto l’attenzione sulla discrepanza tra il profluvio dei pronunciamenti della Chiesa contemporanea e il loro reale accoglimento da parte dei fedeli. Argomento del resto non nuovo, denunciato per l’appunto nell’intervista – testamento del cardinal Martini, che addebitava alla Chiesa cattolica un ritardo di 200 anni sulla società civile, affermazione oggi di particolare attualità da quando la relazione del cardinale Kasper al recente concistoro straordinario ha messo in discussione il divieto di comunione ai divorziati risposati nel quadro di una rivisitazione complessiva della morale familiare. Il tutto con una rivisitazione dell’esortazione post-sinodale del 1981 Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, santo il 27 aprile prossimo.
Sembra, dunque, che anche Moretti si allinei al main stream che spira dal Vaticano di papa Francesco, il quale nelle parole del presule “spiazza” con la proposta di nuove sfide pastorali. E Bergoglio, oltre tutto, nell’ultima intervista al Corriere della Sera, si è dichiarato possibilista anche in ordine alle unioni civili, da valutare caso per caso, quindi con quel metodo casistico, respinto invece da Kasper per la giurisprudenza della nullità matrimoniale dei Tribunali ecclesiastici. L’affermazione di Moretti è tanto più significativa quanto più si consideri il suo vero campo di esperienza, la pastorale familiare, di cui era il delegato sotto Camillo Ruini, assertore dei “valori non negoziabili”, per la diocesi di Roma e che ha felicemente impostato anche a Salerno con incontri mensili del “percorso di vita e di fede con gli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione”. In effetti, la constatazione di uno iato tra le dichiarazioni e la prassi non è certo notizia sconvolgente, lo è piuttosto la determinazione di adattare la dottrina alla realtà dei fatti. Il che pone anche la riflessione sulle grandi masse del cattolicesimo e sul reale seguito di queste in termini di dottrina, problema già presente nel pontificato di Giovanni Paolo II e che si rinnova oggi sotto Francesco.
Vi è da dire che mons. Moretti non si è inoltrato su questo terreno, ma il solo fatto di avere sottolineato la questione dell’inattualità evoca tutte le inquietudini che affollano la Chiesa cattolica alla vigilia del Sinodo straordinario sulla famiglia, vissuto da molti già come un Vaticano III in sedicesima.
Molto più pregnanti sono apparse invece le riflessioni dei relatori laici dell’incontro. Non a caso tanto il rettore Tommasetti quanto De Luca hanno messo in evidenza “l’incidente comunicativo” di Ratisbona, allorché Benedetto XVI, in una memorabile lezione all’Università di Stato che lo aveva annoverato come suo docente, ebbe a denunciare come irrazionale la commistione tra fede e violenza presente nell’Islam e con la conseguenza di reazioni violente da parte del mondo islamico. Caso emblematico di strumentalizzazione da parte dei media di una lezione accademica che peraltro attingeva alla citazione di un imperatore bizantino del XIV secolo, Manuele II Paleologo, episodio ricordato anche da Scelzo con un’implicita autocritica alle falle comunicative vaticane, che nei due interventi è assurto ad esempio dell’alterità tra messaggio e comunicazione.
Non così invece per Moretti, laddove la non rispondenza tra posizione dottrinale e recezione da parte dei fedeli sembra alludere ad un adattamento di quella a questa. Indubbiamente, anche in questo mutato atteggiamento, si può leggere un segno dei tempi. La forte immagine adottata da Giuliano Ferrara a proposito delle sortite di papa Francesco è stata quella di una chiesa “in flagrante adulterio con il mondo”. Nell’impossibilità di stabilire se l’immagine sia più o meno fondata, ne è evidente il forte impatto che traduce tutta l’incertezza del momento. E’ sintomatico, in ogni caso, che posizioni laiche tendano ad evidenziare lo specifico del messaggio religioso, laddove gli ecclesiastici tendono, se non ad edulcorarlo, ad adattarlo alle mutate condizioni dei tempi. Eppure è stato detto “il vostro parlare sia sì sì, no no, il resto viene dal Maligno”, ed è sul resto che si gioca tutta la partita tra fedeltà e adattamento.
Nicola Russomando
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