Il cliché è abbastanza rodato: compro una cosa che vale 1 pagandola 100, tanto il denaro non è mio e chi vuoi che se ne accorga? Questo schema -che pure salta in aria di tanto in tanto- all’Asl di Foggia l’avevano preso alla lettera al punto di infischiarsene del rapporto costo/prezzo pagato, fino a farlo schizzare verso l’alto con multipli di tre zeri. Cioè: un disinfettante dal valore commerciale pari a 60 euro veniva acquistato a 1.600. Iva esclusa, s’intende: quella è una partita di giro, c’è da essere corretti col fisco e col fornitore, guai a toccarla, come minimo ti piomba in testa la Finanza. Giochiamo sull’imponibile, andrà tutto liscio. Purtroppo le persone finite ieri nella ragnatela della giustizia i calcoli li avevano sbagliati, almeno quelli sulla «serenità» del proprio business.
Cinque dipendenti Asl e due imprenditori sono stati raggiunti da provvedimenti cautelari: del resto, esagerare ha sempre un limite intrinseco, aggiuntivo al rischio fisiologico di chi immagina percorsi alternativi a quelli legali. Anche le accuse formulate dalla procura rientrano nello schema: associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, falso ideologico e materiale con l’aggravante della commissione da parte di un pubblico ufficiale in un pubblico atto e, infine, truffa ai danni di un ente pubblico. Contestazioni oggettivamente pesanti che se non si risolveranno o mitigheranno in corso d’opera, rappresentano un serio rischio per i destinatari delle misure. A finire nella rete sono stati due funzionari dell’Asl, Giovanni Grilli e Nicola Marinaro, il primo spedito agli arresti domiciliari e il secondo raggiunto da un obbligo di dimora; e gli imprenditori Ettore Folcando (domiciliari) e Stefano Frongia, raggiunto dal divieto di esercizio dell’attività imprenditoriale. Accanto a loro altri tre soggetti «di area», nel senso di titolari di aziende del settore sanitario e dipendenti degli uffici dell’Asl foggiana. Tenuto conto della gravità delle accuse e dell’andazzo generale, l’unica spiegazione plausibile che giustifichi l’applicazione di misure così «blande» è che i fatti si riferiscono, nella loro origine, a cinque anni fa e si sarebbero conclusi poi nel 2011.
Il meccanismo, completamente decrittato dagli uomini della Gdf, l’abbiamo già tracciato nelle sue linee generali. Il disinfettante, commercializzato da un’impresa estera, è di quelli solitamente utilizzati per le sale operatorie: dunque, prodotti il cui utilizzo, oltre che fondamentale, è rigidamente disciplinato da apposite procedure interne. Ma, come si dice, siamo pur sempre in un ufficio pubblico italiano. Infatti, per aggirare lo sbarramento dei tetti di spesa, la «gang» aveva realizzato dei timbri ad hoc da stampigliare sulle delibere di acquisto e sugli ordinativi, falsificandoli. Quel disinfettante poteva essere comprato solo in 90 unità per volta, ma ecco che, d’incanto, gli ordini si fanno per 929 flaconi: costa complessivo, attorno al milione e 700mila euro. Ovvio che la corruzione dei dipendenti, allo stato solo presunta, fosse fondamentale per poter mettere in piedi il business. Si parla di 14mila euro a delibera, ma siamo ancora nelle fasi iniziali, tutto può cambiare, in un senso o nell’altro. Nel corso delle indagini la Gdf ha sequestrato beni per un valore equivalente al danno calcolato, un milione e 600mila euro circa, relativi a 27 fabbricati, 48 terreni, 8 autovetture, 27 conti correnti bancari e 3 quote di società.
Nonostante il governatore Vendola (foto) ce la metta tutta per mostrare al mondo la «diversità antropologica» anche della propria amministrazione regionale, siamo in un contesto dove certe attitudini hanno ormai preso una piega preoccupante: la solita, del resto. Gli scandali della sanità pugliese non sono diversi dagli altri, anzi forse la Puglia ha da insegnar qualcosa: dalle famose escort del vendoliano Frisullo (assolto solo pochi giorni fa e condannato per altre fattispecie di reato) alle protesi di Tarantini, dall’epopea dell’ex assessore Tedesco e relativi bandi di gara, alle cliniche di Bari con convenzioni «politiche», all’eterna materia dei controlli ambientali. Puglia, Italia: tutto qua.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 14 febbraio 2014)