C’è un’Asl in Italia che ha appena autorizzato l’accreditamento di una struttura privata presso il servizio sanitario nazionale nonostante questa non abbia i requisiti chiesti dalla legge. Quando diciamo «accreditamento» parliamo di danaro sonante. Pubblico, ovviamente: in questo caso qualcosa come 4 milioni di euro annui.
L’Azienda sanitaria è quella di Salerno, una delle più grandi d’Italia, guidata oggi da un direttore generale «in quota» Fratelli d’Italia, si chiama Antonio Squillante, molto vicino al deputato Edmondo Cirielli. Il centro si chiama “Ises” (foto) si trova ad Eboli, è una cooperativa affiliata al circuito della Lega delle Cooperative, si occupa di disabili e riabilitazione, da sempre è gestita da figure legate al vecchio Pci e alle sue successive declinazioni «democratiche». L’attuale sindaco della città, Martino Melchionda, ne è stato per dieci anni amministratore ma da quando è stato eletto ha formalmente abbandonato la carica. Formalmente. Nel centro vi lavorano – oltre ai parenti dello stesso primo cittadino, in primis cognato e sorella- mariti, mogli, cognati, fidanzati, fidanzate, sorelle, fratelli, zii e chi più ne ha più ne metta, di assessori, consiglieri comunali, dirigenti Asl, nipoti di prefetti, parenti di magistrati, sindacalisti, membri degli uffici sanitari preposti alle autorizzazioni, dipendenti del ministero della sanità (che non potrebbero): Libero se n’è già occupato lo scorso anno, allorquando saltò fuori che la struttura, vecchia e fatiscente, non aveva neppure i permessi di base, non tanto per essere autorizzata a fare quel che fa ma addirittura per stare aperta. Non ha la certificazione di agibilità, vale a dire il requisito minimo di legge, un po’ come se un individuo dello stato italiano non risultasse iscritto all’anagrafe e pretendesse l’erogazione della pensione; la palazzina ha una destinazione d’uso per civili abitazioni (sic!) tant’è che dentro vi abitano famiglie così dette normali (la legge lo vieta); le scale antincendio non ci sono nonostante i Vigili del Fuoco abbiano sempre attestato la regolarità nel corso del tempo; la pianta organica, in genere «vivisezionata» dagli enti pubblici quando devono erogare soldi, presenta figure non compatibili, con stipendi succosi incassati col prelievo dal monte accreditato e non con soldi propri (in pratica, se vuoi avere la figura di direttore generale o amministrativo e dargli 50/80/100 mila euro annui, i soldi non puoi prenderli dalla retta che la Regione ti riconosce per ogni paziente ma devi farlo con altri soldi), per non dire di tutta un’altra serie di requisiti e condizioni normalmente richiesti a chiunque intenda operare in questo settore. Com’è giusto che sia, del resto, trattandosi di pazienti con disabilità i quali alla collettività costano circa 190 euro al giorno.
Dovrebbero stare in un hotel a 5 stelle, le cose invece appaiono completamente diverse: sarebbe sufficiente un banalissimo sopralluogo da parte dei responsabili Asl, Vigili del Fuoco, uffici tecnici comunali e le cose diventerebbero d’un tratto chiare: per molto meno, una mattonella sporca o un areatore non funzionante i solerti burocratici della sanità stangano e chiudono fior di attività economiche. Nel caso dell’Ises sembra che nessuno riesca a venirne a capo: men che meno la magistratura (a parte un’ordinaria, stanca indagine per abuso d’ufficio sul sindaco e un ex amministratore) che da almeno tre anni ha sul tavolo un corposo dossier, anche fotografico, dal contenuto ora irriferibile.
La novità è che l’altro giorno, nell’elenco ufficiale delle strutture accreditate dall’Asl (quindi meritevoli di lavorare col servizio pubblico) compare ancora una volta la «coop del Pd», come la conoscono ormai quasi tutti sul territorio. Il che sarebbe tecnicamente impensabile, tranne che per il management dell’Asl: il quale, informato dell’abusività della struttura (risulta dagli atti ufficiali in possesso di Libero) e della impossibilità del rilascio della concessione, ha comunque inserito il centro nell’elenco degli enti accreditati. Possibile che si regalino e si siano regalati in tutti questi anni (almeno dal 1984) tanti soldi a chi non poteva riceverli? Evidentemente sì. L’ipotesi è che si stia tentando di cedere a terzi l’accreditamento: infatti in Campania già da tempo girano strane società con molto danaro liquido a disposizione, che acquistano e vendono strutture del genere, decotte o prossime alla chiusura e poi le riaprono altrove puntando sulla differenza tra il prezzo pagato e il rimborso erogato dalla Regione.
Tanto per capirci: il Ministero dello Sviluppo economico ha chiesto il commissariamento della coop, se ne deduce che -oltre al resto- nessun si sognerebbe di autorizzare l’esborso di tanti soldi pubblici. Nessuno proprio no, a quanto pare.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 7 febbraio 2014)