Secondo i suoi colleghi, il dottor Donato Ceglie (foto) deve finire sotto processo per rispondere di concussione, violenza sessuale e calunnia. Il sostituto procuratore generale di Napoli, noto magistrato impegnato per anni sui così detti reati ambientali, avrebbe preteso -ed ottenuto- sesso dalla moglie di un imprenditore finito nel suo mirino, prima arrestato, poi bloccato per circa due anni (il tempo delle indagini «residue»), poi, ancora, dichiarato fallito dal tribunale civile fallimentare e, infine, privato pure della fedeltà coniugale per mano del medesimo autore dell’aggressione giudiziaria principale.
E’ da dicembre che alla procura di Roma, competente sui reati commessi dai magistrati di Napoli, pende la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di un soggetto spesso nel cuore dell’antimafia professionale, in particolare quella di matrice campana. Un classico. Donato Ceglie, dominus di una delle più note inchieste sui rifiuti tossici della Campania (parliamo del celebre -e prossimo alla prescrizione- processo «Chernobyl») si sarebbe macchiato dell’imperdonabile onta di aver intessuto -non si capisce ancora quanto forzosamente o meno- una relazione con Maria Rosaria Granata, moglie di Gaetano Ferrentino, ex amministratore dell’impianto di compostaggio della “SorieCo”, società del settore rifiuti schiacciata dal peso della valanga giudiziaria. Per iniziativa proprio di Ceglie.
I fatti risalirebbero al 2007 ed avrebbero preso l’avvio negli uffici della procura di Santa Maria Capua Vetere dove il pm ha lavorato fino al 2011. Continuando poi a Napoli. Sempre che tutto venga confermato, ovvio, in quanto il gip potrebbe anche disporre l’archiviazione. Com’è già successo nel 2009, quando Ceglie finì nel mirino del Csm per aver caldeggiato il rilascio del passaporto in favore di Michele Orsi, boss «laico» -cioè non aggregato ai clan- dei rifiuti nel casertano, ammazzato poi per mano casalese: la faccenda, infatti, finì nel nulla.
La notizia l’ha diffusa ieri Repubblica in un articolo denso di inedito scrupolo garantista, altrimenti irrintracciabile nelle tante, quotidiane, analoghe circostanze. Ma questa è un’altra storia.
I rapporti tra Ceglie e la moglie di Ferrentino avrebbero preso quella piega su insistenza dello stesso magistrato, pare: negli atti si legge di incontri, a volte frettolosi, consumati anche negli uffici giudiziari. Il pm avrebbe anche brigato per far assumere la donna nella società che surrogò la Sorieco dopo il crac, certificando che le prescrizioni che imponevano ai commissari giudiziari di non assumere né tessere relazioni con chiunque avesse avuto legami con il consorzio fallito, sarebbero state superate. O superabili. Insomma, un caso intricato, specie perché lo stesso Ceglie non nega il rapporto ma lo confina nell’ordinarietà dell’attività d’ufficio. Può darsi.
Sta di fatto che i suoi colleghi, sembrerebbe sulla base dei riscontri investigativi successivi alle denunce piovute dal 2012 in poi nei diversi uffici, nonché la mole di mail nella casella di posta elettronica del Mattino di Napoli (dal contenuto qui irriferibile) si son fatti un’idea differente. Completamente differente.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 25 gennaio 2014)