ARCHIVIOLa Napoli di De Magistris fa crac: e lui chiede i soldi a tutti gli italiani

admin23/01/2014
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De Magistris festeggia elezione in bandana

Sono passati trentuno mesi dal giorno della bandana arancione e dell «‘amm scassat’» che hanno fatto il giro d’ItaliaDa quell’incidente della storia che è stata l’elezione al sindacato della terza città d’Italia di un ex pm come De Magistris, di tempo sufficiente ne è passato per abbandonare l’imputazione di ogni guaio al duo Bassolino&Iervolino e dirigerla sempre più verso di lui.

 

Doveva -tra miliardi di altre cose, spazzatura compresa- aggiustare le casse comunali conciate peggio di una gruviera svizzera (un po’ come le strade) grazie a un quindicennio e più di centrosinistra a vocazione Pd: non voleva saperne dell’aiuto di nessuno, Napoli ce la farà da sola, con le sue forze. Ora che c’è il condottiero giusto, va da sé. Un po’ come quando era pm a Catanzaro e i Santoro e i Travaglio d’Italia lo presentavano al mondo come colui che da solo avrebbe piegato il male. S’è visto. Invece? Succede che ci si ritrovi a piagnucolare ai piedi di Napolitano («un arrogante che neppure si degna di rispondere alla mia lettera, uno legato all’aria migliorista dell’ex Pci coinvolta in Tangentopoli» si baloccava con i taccuini degli aspira-forfora di procuratori e pm) e di Letta come un Ignazio Marino qualsiasi: eletti per risolverli i problemi, questi famosi «sindaci del cambiamento» ne iniziano il racconto (dei problemi) spiegando quanto sia difficile l’eredità ricevuta, quanto grande il buco nel bilancio, quanto dolorosa la cura e bla bla bla. E pensare che gli elettori ne erano già a conoscenza, tant’è che li hanno perfino votati.

Oggi, dalle due tra le città più belle al mondo, Roma e Napoli, si batte cassa sperando che la voragine di debiti si possa scaricare sulle tasche di Pantalone: cioè di tutti, anche di quelli che in dissesto non ci sono andati e che, anzi, hanno di che pretendere avendo i bilanci in regola. Più o meno.

Da Napoli la mazzata è arrivata da poco, qualche ora prima della tragedia della notizia del commissariamento del teatro San Carlo: la sezione regionale di controllo della Corte dei conti ha rispedito al mittente il piano di riequilibrio finanziario presentato da De Magistris. Non è credibile, non c’è niente dentro che possa fornire garanzie adeguate che il crac non si consumi comunque. Misure inconsistenti, il rischio default rimane alto. E’ la sintesi delle considerazioni espresse. Saltando a pie’ pari la formula classica del «disastro ereditato», che ha del parossistico visto che l’assessore alle Finanze, Salvatore Palma, è stato un revisore dei conti di Rosetta Iervolino e, quindi, ne certificava i bilanci, vanno individuati i punti critici di fondo del crac in itinere targato De Magistris.

Le dismissioni dei beni comunali sono ferme al palo come in quasi tutti i comuni in cui si è ricorsi a questa formula dell’affidamento a società in house: un trucchetto che non funziona, almeno non più. De Magistris voleva convincere i magistrati contabili di poter monetizzare in dieci anni, vale a dire dal 2012 al 2022, 785 milioni comprensivi di vendita degli immobili ex autoparchi e ex officine. Quasi 80 milioni l’anno. Ovviamente non è entrato e non entrerà un euro. Di qui il sorgere delle perplessità della Corte: a fronte delle reali entrate, è il ragionamento, le vendite ipotizzate appaiono quantomeno gonfiate. Lo sapevano tutti, serviva il sigillo di chi a pronunciarlo ufficialmente non correva alcun rischio. Nel piano anti-default la giunta assicurava un incremento delle entrate con riscossione efficace di multe e contravvenzioni. Non è una battuta, è davvero così, cioè, di colpo una «tradizione secolare» di mancati pagamenti si sarebbe interrotta grazie a tanto buon ufficio? Saranno anche magistrati quelli della corte dei conti ma non stupidi per non capire che proprio su questo fronte c’era poco da sperare. Eufemisticamente, diciamo che per la Corte si trattava previsioni esagerate.

De Magistris aveva poi chiesto una legge speciale per Napoli (copiando l’idea del suo avversario Lettieri, vedi intervista sotto): un miliardo di euro di debiti non è una bazzecola, occorre che sia l’intera collettività italiana a farsene carico. Perché dovrebbe non si capisce, specie se è un sindaco così a rivendicarlo. Chissà ad Alessandria cosa ne pensano. Sta di fatto che nell’aria ancora risuonano le parole dette a petto in fuori quasi tre anni fa: «Una legge speciale per Napoli non serve, faremo da soli, farò da solo». Appunto, il problema è proprio lì.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 23 gennaio 2014)

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