Il direttore generale dell’Asl di Salerno, Antonio Squillante (foto) è decaduto dalle funzioni e dall’incarico. Il punto è che non lo sa. Almeno non ancora. Qualcuno lo informerà. Tutto ciò è avvenuto non per le solite banalità giudiziarie che aleggiano qua e là: no, il Dg di una delle Asl più grandi d’Italia non può onorare l’incarico perché la legge lo impone al verificarsi di alcune condizioni, anche se non riguardano la sua opera diretta.
Quale legge? Quella che disciplina gli accreditamenti presso la Regione delle strutture sanitarie e socio-sanitarie private (L.R. 15 maggio 2011 n. 4), cioè l’impianto normativo che regola le procedure e fissa i requisiti per stabilire se il centro X o il centro Y possano operare in regime di convenzione, cioè fornire un servizio ed incassare il relativo danaro prelevandolo dalle poste costituite con le tasse e i tributi pagati dai cittadini. Perché Squillante sarebbe decaduto? Semplice, limpido come un cielo stellato: al punto c) delle premesse del decreto n.49 del 30 maggio 2013 alla voce “Visti i…” c’è scritto: «In caso di mancato rispetto del termine di centoquaranta giorni per la verifica del possesso dei requisiti ulteriori previsti dalla normativa vigente e richiesti per l’accreditamento istituzionale i direttori generali delle aziende sanitarie della Regione Campania decadono». Più esplicito di così si muore: se tu, direttore generale, non sei in regola con la tempistica stabilita dalla legge te ne vai a casa. Punto.
Ora, a meno che l’Asl di Salerno non goda di extraterritorialità, la norma dovrebbe essere in vigore. Se si considera che il decreto del 30 maggio 2013 è stato pubblicato il 3 giugno, facendo un calcolo elementare vien fuori che il termine è scaduto da un pezzo: e se si dà una scorsa all’Albo pretorio dell’Asl si osserva che quella famosa verifica, demandata ad una commissione ad hoc della quale parleremo tra poco, non è stata fatta. O meglio: è stata fatta e completata per alcune strutture ma non per altre, in particolare ne mancherebbe una, quella che annuncia per il manager figlio di un’intesa politica tra due galantuomini come Caldoro e Cirielli, rogne serie, sottovalutate alla stregua di una bega da pollaio.
Il centro che procurerà al manager diversi dispiaceri è lo stesso di cui Omissis s’è occupato a lungo. Parliamo dell’Ises (foto a sinistra sotto) la clinica da quattro milioni di euro l’anno, ribattezzata «del Pd» per via di suoi storici rapporti, anche incestuosi, con le varie declinazioni assunte tra quel partito. Bene, sembra che debba esser fatto un grandissimo «errata corrige» (salvo possibili, ulteriori cambiamenti al foto finish): abbiamo di recente scritto che non c’era più trippa per gatti, cioè che l’Ises non aveva avuto il via libera dalla commissione speciale incaricata di verificare i requisiti per l’accreditamento.
Le voci si sono rincorse e tra tante demenzialità diffuse, alla fine Omissis ha deciso di andare a fondo per capire meglio ciò che la logica esclude a priori: basterebbe, infatti, guardare la palazzina che ospita il centro già dall’esterno per capire che si tratta di una struttura che non può avere autorizzazioni ad esercitare alcunché. E, infatti, la principale non ce l’ha, cioè l’agibilità strutturale. Per non dire poi che tra un disabile da curare e una terapia da fare ci si imbatte in civili abitazioni popolate da persone «normali», che in nessuna struttura sanitaria al mondo potrebbero mischiarsi stabilmente con pazienti e degenti vari. Nel centro ebolitano a quanto pare sì: e per le autorità sanitarie incarnate da Squillante va anche bene così. Se lo facesse un altro centro qualsiasi arriverebbero i carabinieri entro un paio d’ore. Forse minuti. Senza dire poi degli standard di sicurezza, degli adeguamenti normativi in materia antincendio, del trasporto, degli alloggi, delle inferriate alle finestre a mo’ di carcere, dell’abitalità dei sottotetti, delle regole in tema di rispetto della normativa per la cooperazione (pur essa oggetto di separata indagine del ministero del lavoro) e di quella sulle incompatibilità tra personale «legato» al ministero della Sanità e dipendenti/soci/amministratori, etc.
E il fatto che nella città resa famosa da Levi si siano succedute da circa vent’anni amministrazioni di sinistra particolarmente amiche dei vertici della struttura, al punto da confondersi a volte con essa (vedasi il caso dell’attuale sindaco del Pd Martino Melchionda (foto in basso a destra) che ne è stato addirittura amministratore per anni e che oggi, tra le altre cose, è sotto processo proprio per ipotesi di abuso commessi in relazioni all’iter autorizzativo dell’Ises) spiega una marea di cose. Le stesse che a breve cadranno sul capo di Squillante, che tutto è (sarebbe) tranne che organico all’arcinoto sistema di potere che governa la sanità campana da quasi 30 anni. Ma le cose non sembrano cambiate granché. E proviamo a spiegare il motivo.
Omissis ha contattato il dottor Mario Rosario Capone (foto in basso a sinistra) il capo della commissione istituita dall’Asl -quindi da Squillante- che ha coordinato le varie sottocommissioni dislocate nei centri del territorio di competenza, per capire come mai nell’elenco delle strutture che non hanno ottenuto l’accreditamento non comparisse l’Ises di Eboli. Il dottor Capone riferisce ad Omissis che il centro ha avuto parere positivo, cioè l’accreditamento ci sarebbe stato. Roba da non credere, eppure l’ha detto per davvero. «Mancava solo un documento che abbiamo chiesto al comune, l’ente ce l’ha consegnato e per noi è tutto a posto». Mancava solo un documento? E l’agibilità e tutto il resto? «Il Comune di Eboli ci dice che nulla osta e noi Asl non siamo tenuti a verificare quanto dichiaratoci. Del resto non ne siamo a conoscenza». Ah no? Se ne deduce che l’Asl non serva a nulla, che le leggi valgano solo per gli altri (dal negozietto di frutta al capannone industriale, dalla clinica privata alla salumeria) tranne che per la mitica «clinica del Pd»; che i vertici fatti in prefettura alla presenza di sindaco, consiglieri comunali spesso impastati con dipendenti del centro, sindacalisti e Asl venivano fatti tanto per farli, e via dicendo. Si consideri che alla riunioni in prefettura doveva andarci personalmente il manager Squillante, il quale da mesi sa tutto e che, evidentemente, non ha
ancora capito i fastidi che si sta tirando addosso appena gli altri sette centri (dalla Comunità Emmanuel di Eboli, all’Elios di Castellabate, dal Tivan di Battipaglia al “Cilento srl” ed altri nell’Agro e altrove) in condizioni strutturali e normative decisamente migliori dell’Ises che hanno avuto le domande escluse con il laconico “non ok” verrano a saperlo. E poi, dando per buone le parole di Capone, se ne potrebbe dedurre che all’Asl siano state consegnate carte false, quantomeno diverse da quel che in questi anni sono circolate. Altrimenti c’è dell’altro. Presumiamo cosa, considerando la selva della burocrazia e i suoi storici meccanismi che spiegano l’inspiegabile.
Squillante spedì in prefettura una sua rappresentante, tale dottoressa Scaramuzza, la quale -si legge nei verbali- pur essa affermò di sapere che l’Ises non ha le autorizzazioni imposte dalla legge e chieste per tutti gli altri. Poi, come se la cosa riguardasse uno stato estero, aggiunse pure che i soldi l’Asl li avrebbe mandati lo stesso: cioè l’Asl di Salerno, durante la gestione Squillante, manda danaro pubblico a centri abusivi. E, a quanto pare, continuerà a farlo se le parole del dottor Capone risultassero confermate: ad ora la delibera non è pubblicata, il che riporta al problema descritto in esordio, cioè la decadenza di Squillante, stretto tra la possibilità che qualcuno legga questo articolo e decida di «inforcarlo» e la prevedibile pioggia giudiziaria (ora che di carriere politiche a magistrati non se ne devono garantire, almeno non subito) che cadrà copiosa se il centro ebolitano si vedesse accordato un permesso che altri possono solo sognare.
Un dubbio sovviene, anzi un interrogativo: ci sarà una relazione tra il recente ingresso nel Cda dell’Ises di un non socio, un traumtaologo ortopedico (che non si capisce cosa debba farci in un centro per disabili, forse hanno sbagliato volendolo mandare al Campolongo Hospital, lì si che avrebbe senso una tale specializzazione) strettissimo parente di un compagno di lavoro dello stesso dottor Capone? Lo verificheremo. Omissis ha provato pure a chiedere direttamente ad un membro della commissione di controllo giunta sul posto (?), il dottor Saggese (lo stesso che un paio d’anni fa mise nero su bianco il fatto che l’Ises non ha i requisiti, forse se n’è scordato) ma non è stato possibile contattarlo. A futura memoria, va detto che sembra anche costui sia un parente di un politico del Pd, precisamente una neo parlamentare. Sarà stata una coincidenza anche stavolta.
Pare che nelle prossime ore il manager Asl voglia indire una conferenza stampa proprio sull’argomento: scommettiamo che dirà che le procedure seguite sull’intero territorio sono tutte regolari e che se c’è qualche ombra (ombra?) non dipende da lui, tutto quello che doveva fare l’ha fatto e se ci sono guai e imbrogli, il suo ufficio non c’entra ma c’entrerà qualcun altro e se la sbroglino a Napoli? Ammesso vada così, ci sarà solo da ridere. E da scrivere. Tanto.
Peppe Rinaldi
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