Quando hanno letto il nome sul documento di quell’ospite che stava per ritirare il pass d’ingresso agli uffici del Palazzaccio, gli addetti al controllo si sono dati subito di gomito: questo l’ho già sentito, sarà per caso lo stesso giornalista che ad agosto ha scatenato il finimondo con l’intervista al presidente? Esattamente, era proprio quel giornalista lì, Antonio Manzo, inviato del Mattino di Napoli, alle prese con la procedura di identificazione per l’accesso alla sede della Corte di cassazione di Piazza Cavour a Roma (foto).
Se non si trattasse della stessa persona che quattro mesi fa ha messo a soqquadro politica e magistratura pubblicando sul suo giornale «le motivazioni» della sentenza Mediaset per bocca del suo principale decisore (il giudice Antonio Esposito, presidente della «mitica» sezione feriale) la cosa susciterebbe scarsa curiosità: invece, l’aver varcato quella soglia ha molto a che vedere con il suo stesso mestiere, la notizia.
Il giornalista infatti era stato convocato dalla procura generale per essere sentito formalmente in merito al procedimento di incolpazione (questo il termine tecnico) del magistrato campano finito nel tritacarne per aver anticipato -secondo la vulgata- a mezzo stampa le motivazioni della condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale, le stesse grazie alle quali oggi si trova fuori dal Parlamento.
Se, dunque, il Csm sulla «pratica Esposito» sembrerebbe aver steso il tradizionale velo, i vertici italiani dell’accusa, al contrario, paiono intenzionati a concludere l’iter che potrebbe portare il giudice di nuovo davanti alla sezione disciplinare. Faccenda intricata, complessa, ricca di sfaccettature che rischiano di riaprire un capitolo che qualcuno ha immaginato già chiuso e che invece continua a scorrere sotto traccia per ovvie implicazioni, non solo politiche.
Ma da chi è stato sentito Manzo e perché? La ragione la immaginiamo, chi l’abbia poi materialmente sentito risulta esser stato un alto magistrato, il dottor Destro, avvocato generale dello stato presso la procura della cassazione. Ermellini ai massimi livelli, dunque. Manzo non si sbottona, si limita a confermare lo spiffero della sua audizione nel giorno di Santa Barbara. Un’ora e passa di faccia a faccia per precisare l’ambito, ridefinire il perimetro, ripercorrere la strada intrapresa il 5 agosto scorso allorquando tra Manzo ed Esposito ci fu la famosa intervista battezzata con un titolo che non avrebbe avuto neppure bisogno del restante testo: «Berlusconi condannato perché sapeva», raccontato nel momento sbagliato e, soprattutto, nel luogo sbagliato. Circostanza smentita a gran voce dal giudice con reiterati comunicati in un avvincente crescendo di tensione.
Sapeva, non sapeva, ha detto proprio così, non ha detto proprio così, che rapporti c’erano prima (tra Manzo e il giudice), che rapporti ci sono oggi, dove sta la verità e così via: facile immaginare un campionario di domande di questo tenore, la partita che si gioca è di quelle sul «filo della virgola», anche perché, a quanto pare, nessuno può dire con certezza se si sia realmente chiusa.
Il fatto che Manzo sia stato convocato e sentito per rafforzare «l’avviso di garanzia» interno notificato all’esperto magistrato fa il paio con l’altro spiffero volato di recente: il Cav sembrerebbe aver acquisito, attraverso i suoi legali, il nastro con il testo integrale dell’intervista. Una sorta di Sacro Graal che tutti cercano e tutti vorrebbero ascoltare. E’ ancora nelle mani delle parti interessate e altre copie sono in posti sicuri. Sempre che ne esistano ancora.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 7 dicembre 2013)