SALERNO- La sottile linea che separa nell’arte il territorio reale da quello dell’immaginario è da secoli un tema molto sentito e sviscerato nell’arte visiva. Spazi, luoghi, idee, oggetti, edifici generano immagini e raccontano i flussi della memoria e del tempo con la sensibilità degli artisti contemporanei.
Ogni paesaggio, reale o immaginario, frutto della rielaborazione poetica di un artista, rivela una scintilla vitale, un percorso personale. Racconta un’esperienza di vita che cela una carica espressiva portatrice di un’energia proveniente da un recente passato che ci proietta nelle visioni del futuro.
Il paesaggio e la sua evoluzione fisica e concettuale diventano un punto di partenza per analizzare e confrontare alcuni aspetti presenti nell’arte, quali la tensione spirituale e la ricerca del senso dell’uomo, con altri estremamente attuali come l’accresciuta attenzione verso l’ambiente, la globalizzazione, l’interconnessione, la rivoluzione digitale, la perdita di fiducia in un miglioramento continuo e il senso di paura e angoscia verso il futuro che la nostra generazione sta vivendo.
“Declinazione del paesaggio” è il tema scelto da Lelio Schiavone e Antonio Adiletta per la tradizionale collettiva di Natale, una categoria dinamica, plurivoca e transculturale, che sappiamo gareggiare con un’altra, quella mentale, di radice rappresentativa, legata alla vista, al panorama, alla visione, alla scena, allo spettacolo, all’inquadramento dell’oggetto naturale, al racconto. Un serrato ma agile confronto tra vecchie e nuove generazioni di pittori ognuno con una caratteristica e particolare rappresentazione del paesaggio italiano che a volte, anzi spesso, è anche un paesaggio interiore. Da una interpretazione paesaggistica di stampo novecentesco e naturalistico di Mario Carotenuto e Virginio Quarta, ad una versione contemporanea e più astratta di Paolo Bini, passando per le vedute dal segno intimo di Eliana Petrizzi e Amedeo Ternullo e le scenografie urbane di Giovanni Tesauro. A completare la disamina di declinazioni panoramiche il contributo di maestri del ‘900 come Carlo Quaglia, Nazzareno Cugurra, Graziana Pentich, Sergio Scatizzi, Enrico Paulucci, Renato Borsato che con il proprio tratto distintivo hanno contribuito a dare forma al proprio personale paesaggio.
La rappresentazione del paesaggio nel disegno e nell’opera pittorica, ripropone specularmente il risultato delle attività umane e della potenza della natura, in un complesso percorso che va dalla Grecia classica fino alla rivoluzione contemporanea e riguardante la resa della più profonda verità della natura attraverso “lo sguardo della mente”. E’ questa una delle tesi più acute della contemplazione del paesaggio, moto dei sensi e della mente dal quale comunque parte l’opera stessa dell’uomo. All’origine di questo sguardo mentale per la rappresentazione, che è in anticipo sull’arte dell’imitazione e della raffigurazione, quasi un sensus communis dello sguardo sulla realtà circostante l’ abbraccio tra il fare dell’uomo e lo spazio intorno a lui, la fusione tra soggetto e oggetto, che si fa strumento principale per cogliere e trasmettere il mistero, l’inesplicabile, l’invisibile. L’ uomo stesso viene rappresentato nell’arte del paesaggio, latore di un sentire necessario, che traduce in un riconoscimento delle forme e ancora in una loro evocazione, fino ad elaborarlo in viva partecipazione e annullamento catartico.
Olga Chieffi