In principio furono le primarie del Pd di Napoli città. Oggi sono le tessere del partito di Salerno e provincia a finire nel mirino dell’antimafia. Bersani c’era prima, Bersani c’è dopo: nel senso che se la Dda partenopea voleva far luce sulle sezioni «infettate» dai clan nella fase delle preselezioni elettorali, quella di Salerno cerca di capire cosa ci facciano centinaia di tessere in bianco del 2012, firmate dall’ex segretario, nelle mani -forse- sbagliate. Pertanto, un pm andrà a Roma nelle prossime ore a chiederglielo di persona, in occasione della contemporanea «visita» al Comitato dei garanti del Nazareno, destinatari di esposti, denunce e lamentele di ogni tipo.
C’entrerà pure Bersani sul piano formale ma il punto di fondo è che oggi questo nuovo bubbone scoppia proprio nel «cuore dell’impero» di Matteo Renzi, quella provincia di Salerno e quel capoluogo che rappresentano insieme il 2% della popolazione italiana ma, soprattutto, il 71,3% del consenso Pd fuori mura e addirittura più del 97% dentro, facendo di Salerno la città più «renziana» d’Italia. I dati dei congressi locali parlano chiaro: se non ci fosse stato il panzer De Luca, il sindaco di Firenze avrebbe ottenuto circa un paio di punti percentuali in meno su base nazionale, un dettaglio che conta in politica e che Renzi avrà di certo già inteso. Sempre che la bomba non scoppi tra le mani anche a lui. Ora quelle stesse tessere dicono che puzzino di mafia, un bel guaio da qualunque prospettiva si guardi la vicenda: sia che ci si riferisca all’entrata a gamba tesa delle toghe nel processo di decisione autonoma della politica, sia che si guardi ai pm come unico strumento di «salvezza».
Vincenzo Montemurro, il sostituto procuratore della Dda che scava nel mondo politico salernitano (sua l’analoga indagine sulle tessere del Pdl dell’ultimo congresso), ha aperto un fascicolo iscrivendolo a “modello 45”, cioè per fatti non ancora qualificati come reato. Ma ci metterà poco a trasferire il tutto a “modello 21”, cioè indicando nomi e cognomi dei presunti responsabili, in pratica il famoso avviso di garanzia.
Intanto ieri il pm ha ascoltato per tre ore Patrizio Mecacci, coordinatore nazionale della mozione Cuperlo, il quale dichiarazioni dopo l’interrogatorio non ne ha voluto rilasciare mentre prima aveva abbondato («troppi lati oscuri a Salerno», «Annulliamo il congresso», «Situazione preoccupante a Salerno», «Zone d’ombra» etc.) grazie alle informazioni ricevute dai cuperliani locali. Effettivamente, a guardare i numeri, il boom di Matteo Renzi in città avrebbe implicato -in base ad alcuni calcoli- l’espressione di un voto in suo favore ogni 15 secondi. Capitava anche quando il sostegno era a Bersani, solo che il quadro è completamente cambiato nel volgere di neppure un anno, complice anche la vicenda interna ai potentati Pd, in particolare tra il premier Letta e il viceministro alle Infrastrutture nonché sindaco di Salerno Enzo De Luca, ancora senza deleghe operative. Lunedì invece sarà il turno di Simone Valiante, deputato di antica fede anti renziana nonostante la «giovane» età, il quale dovrà spiegare ai magistrati meccanismi e stravaganze della convenzione Pd in base alle notizie acquisite sul resto del territorio.
Come questi elementi si leghino alle tessere in bianco è ancora da chiarirsi. Certo è che i moduli non compilati ma solo firmati dall’ex segretario, in procura non ci sono arrivati scendendo dalle nuvole: non figurano neppure nell’elenco nazionale delle emissioni (il che rimanda subito ad una tipografia «amica») e pare siano state scoperte dai carabinieri durante alcune perquisizioni nell’ambito dell’altra indagine «politica» della Dda, quella sul tesseramento del congresso Pdl dell’anno scorso. Un’altra storia che ora finisce per accomunare tutti, dalla destra alla sinistra, non foss’altro per l’interlocutore unico per i due principali partiti Pd e (ex) Pdl: l’Antimafia della seconda città della Campania.
Per farsi un’idea del perché questa vicenda sia importante e perché pesi molto sullo scacchiere politico nazionale si considerino questi dati: per numero di votanti del Pd, la provincia di Salerno (con 12.929) è seconda in Italia solo a quella di Napoli (18.144 ). Ha più tesserati di Roma città (10.377) o della sua provincia (11.177). Il doppio della provincia di Torino (5.433), molto più di Milano (6.908) o Bologna (7.817).
Morale: Napoli e Salerno insieme (31.073) hanno molti più votanti di tutta la Lombardia (20.750), di Lazio e Toscana (entrambe a 30.357 ), battendo finanche l’Emilia Romagna (27.343).
E questo Renzi lo sa molto bene.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 21 novembre 2013)