«La legge è uguale per tutti»: è il mantra che Guglielmo Epifani (foto dal web) segretario di risulta del Pd dopo la disfatta del gruppo smacchiatori del giaguaro, ripete da giorni dinanzi ad una gigantesca questione democratica come la permanenza nella vita politica del Paese di Silvio Berlusconi. Una posizione legittima, quasi ovvia per un vecchio sindacalista socialista consegnatosi mani e piedi ai carnefici del suo ex partito, fino ad identificarvisi in opere, pensieri e parole.
Non crea stupore, in questo contesto, il fatto che Epifani piazzi i propri uomini nei gangli del partito in vista di un congresso che, tra mille incertezze, almeno una di certezza la raccoglie: la sua sostituzione al vertice della segreteria nazionale. Stupisce ancor meno il doppio binario del segretario che da un lato moraleggia sull’integrità e sui casellari giudiziari altrui, dall’altro indica come segretario regionale della Basilicata un esponente del suo partito trascinato in uno dei più imbarazzanti scandali mediatico-giudiziari degli ultimi anni: la cosiddetta Rimborsopoli, vale a dire quell’orgia di (presunte) appropriazioni di danaro riservato ai gruppi politici per le più disparate «esigenze» personali. Un film andato in scena in tutte le regioni italiane, anche nelle meno sospettabili.
Nel nostro caso parliamo di Vito De Filippo, ex presidente della giunta regionale lucana, dimessosi appena il tintinnio di manette -reali o virtuali poco importa- ha iniziato a spandere le prime note nell’aria qualche mese fa. Sul capo dell’uomo scelto da Epifani per sostituire l’attuale capogruppo Pd alla Camera, Roberto Speranza, segretario uscente dimissionario proprio per «dedicarsi pienamente alla presidenza dei deputati Pd a Monte Citorio», pende un’accusa tanto poco tremenda quanto molto imbarazzante: essersi fatto fatturare l’acquisto di francobolli per 2500 euro. Gli inquirenti non gli credono e vanno avanti convinti che quel danaro è stato intascato dall’ex governatore. Nonostante corposi emolumenti mensili.
Non si tratta neppure di una banale informazione di garanzia ma, utilizzando il medesimo criterio di valutazione dei Democrats & C., di uno stadio leggermente più avanzato dell’armamentario giudiziario. C’è infatti una richiesta di rinvio a giudizio per truffa e falso formulata dal capo della procura di Potenza, Laura Triassi. Certo, gli uffici giudiziari lucani hanno negli anni riservato molto fumo e poco arrosto: ma Woodcock ora è Napoli, si tratta di capire se l’andazzo sarà analogo o meno. Si vedrà. Ma non è questo il punto, anzi: il «problema» è la decisione del segretario nazionale del Pd di oscurare quel che invece illumina i suoi avversari politici, sia Berlusconi o siano altri. Urge un nuovo Togliatti.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 10 settembre 2013)