E’ una caratteristica tipica dei fatti di cronaca che si verificano a Napoli e in Campania in generale: la giovane età dei protagonisti, una storia antica, discorso lungo e complicato. Infatti erano certamente giovanissimi i due rapinatori che l’altra notte hanno perso la vita dopo aver preso di mira una coppia di fidanzati al Parco Virgiliano: uno di diciotto e l’altro di poco più di sedici anni, formalmente ragazzini seppur capaci di girare a notte fonda con pistola in tasca a caccia di soldi ed oggetti di valore (nella foto da www.ilmessaggero.it il luogo dell’incidente).
Si chiamavano Alessandro Riccio (il 18enne) ed Emanuele S. (il minorenne), provenivano dal centro storico di Napoli, rispettivamente dal Cavone di Piazza Dante e da Fontanelle. Nella notte tra venerdì e sabato, insieme ad un’altra coppia di «colleghi» ancora in corso di identificazione, hanno affiancato una Smart parcheggiata vicino al parco. All’interno c’è la solita coppia di fidanzati, lui ventinovenne, lei di poco più giovane: «Dateci l’I-phone» intimano i quattro, che a bordo di uno scooter e di una moto avevano circondato in un lampo la piccola autovettura. La ragazza non può far altro che consegnarlo -com’è sempre consigliabile in questi frangenti- e i quattro si allontanano.
Presi giustamente dal panico il 29enne e la fidanzata (dei quali non sono state ancora rese note le generalità) ingranano la marcia e provano ad allontanarsi in tutta fretta dalla zona. Giunti su via Posillipo, però, si imbattono di nuovo in quei ragazzini spietati, oltreché armati: sono attimi tragici, lo sarebbero per chiunque, soprattutto quando pochi minuti prima ti hanno puntato un revolver in faccia.
Ed è a questo punto che la situazione si ingarbuglia: la coppia di fidanzati a bordo della Smart (che risulterà intestata al papà della ragazza) dà gas all’auto appena i rapinatori intimano loro di fermarsi di nuovo. Ne nasce un parapiglia, la Smart cerca di sottrarsi al nuovo agguato e, giunti tutti all’altezza dell’istituto Santa Dorotea, secondo i primi rilievi degli inquirenti sembra che lo scooter a bordo del quale viaggiavano i due giovani gangster abbia strusciato l’auto, finendo sulla corsia opposta, costellata di quei paletti che delimitano i marciapiedi diffusi in molte città italiane. Ma il mezzo su cui erano Emanuele ed Alessandro proseguirà la corsa andandosi a schiantare contro una cabina della Telecom pochi metri più in là: Riccio era senza casco, il minore ce l’aveva ma non gli sarà servito a nulla. L’impatto è stato talmente violento da non lasciar scampo a nessuno dei due, la morte sarà immediata, i soccorritori non potranno far altro che constatarne il decesso.
Prima che la coppia rapinata si rendesse conto di quanto la situazione fosse precipitata, incrocia una pattuglia dei carabinieri a cui racconta quanto successo. Partono le ricerche degli altri due complici ma, fino a ieri sera, di loro ancora non c’era traccia. Nel frattempo tra vigili urbani e carabinieri si tenta di ricostruire il tutto: perché un’altra delle ipotesi in fase di approfondimento e verifica è che invece siano stati i rapinati a travolgere i due ragazzi facendoli andare a sbattere contro paletti e cabina Telecom. A giudicare dalle reazioni della gente, tra testimonianze dirette e social network, fossero andante pure così le cose, per i rapinati c’è ampia «assoluzione»: irriferibili alcuni commenti di plauso, capita sempre più spesso di leggerne e sentirne, segno di situazioni ormai insostenibili, a Napoli come altrove.
Alessandro Riccio ed Emanuele S. avevano precedenti specifici e pure qualche altra rogna giudiziaria legata a reati contro il patrimonio: un classico, drammaticamente. Il minorenne aveva perso il padre poche settimane fa, il diciottenne domani sarebbe diventato papà. Un giovanissimo papà, probabilmente come lo era il suo quando fu lui a nascere: un altro classico napoletano.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” dell’11 agosto 2013)