Dice che gli è venuto in sogno il papà. Dice pure che l’ha consigliato di vuotare il sacco con i pm raccontando ciò che sapeva sul conto di Silvio Berlusconi “altrimenti sarei stato inseguito per tutta la vita come Al Capone”. A cuor di genitore non si comanda, specie se irrompe post mortem premurandosi di darti il consiglio giusto nel momento peggiore della tua vita: quando, cioè, rischi di vederti stringere le manette ai polsi.
E’ così che l’ex senatore Idv-Pdl Sergio De Gregorio (foto) ha spiegato ieri ai cronisti accalcati a Palazzo di giustizia le ragioni che, tra altre, l’hanno indotto a metter nero su bianco i retroscena dell’ennesima indagine sul Cav, quella sulla compravendita di parlamentari per far cadere il governo Prodi nel 2008.
L’accusa della squadra capitanata dall’anglo-partenopeo Woodcock è di aver intascato tre milioni per tradire il centrosinistra, passare al centrodestra e trascinarsi dietro qualche altro volenteroso allettato dall’idea di far soldi «extra-parlamentari».
Ieri c’è stata l’udienza preliminare in cui il gip Amalia Primavera avrebbe dovuto decidere se mandare tutti a processo, ma è stata aggiornata al 19 luglio per la conclusione. Intanto sono state ammesse le parti civili (l’Idv e il Codacons, Di Pietro invece è stato bocciato) ed è stata valutata l’istanza di patteggiamento ad un anno e 8 mesi per De Gregorio. Richiesta accolta dal gip su parere favorevole dei pm: del resto De Gregorio con questa implicita ammissione di colpa rafforza (per ora) l’impianto dell’accusa, oltre ad aver reso più «semplice» il lavoro dei suoi rappresentanti.
Da ieri l’ex leader degli Italiani nel Mondo è in un fascicolo processuale a parte, conseguenza dello stralcio della posizione. In quello principale rimangono solo Valter Lavitola, ex direttore dell’Avanti ai domiciliari dopo molti mesi di carcere per la storia dei fondi pubblici al giornale (dov’è indagato pure De Gregorio) e Silvio Berlusconi. L’accusa per tutti è di corruzione.
Resta sempre da capire come tutto ciò (cioè il cambiar casacca in Parlamento) possa reggere dinanzi all’assenza di vincolo di mandato e, soprattutto, dinanzi all’insindacabilità del voto del parlamentare. Obiezioni presentate dalla difesa del Cav, ancora oggetto della riflessione del giudice.
De Gregorio, intanto, al di là dei sogni e del percorso di pentimento che dice di aver avviato, recupera punti nell’universo antiberlusconiano. Basti considerare le anticipazioni dell’Espresso sul suo libro, dove racconta che il Cav avrebbe fatto pressioni sulla Cina per evitarsi le rogatorie internazionali dei pm milanesi nell’affaire Mediatrade.
Per non dire della ciliegina sulla torta: De Gregorio, cioè, ha perfino mandato a Romano Prodi una lettera di scuse per aver «cambiato il corso» della storia politica italiana.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 28 giugno 2013)