ARCHIVIOSuicidio-choc contro casta e burocrazia

admin11/06/2013
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Suicidio fioraio Ercolano Antonio Formicola

E’ la storia forse più brutta tra quelle raccontate in quest’epoca di crisi economica, di tracolli finanziari, di disfatte aziendali e, soprattutto, personali. Antonio Formicola (nella foto da metropolisweb.it) commerciante sessantenne di Ercolano, ha incrociato un po’ tutti i mali del nostro tempo e non ha più retto: il Comune gli doveva dei soldi e non si decideva a liquidarlo, per mille ragioni che si somigliano ad ogni latitudine; inoltre chiedeva il permesso per l’occupazione del suolo pubblico dinanzi alla sua bottega di fioraio ma da due anni gli facevano fare anticamera.

La delibera non è pronta, manca l’impiegato, la commissione non s’è riunita, l’ingegnere è in ferie, non è stato approvato il piano, ripassi la prossima settimana: sembra di vederlo l’apparato burocratico in febbrile attività. Finché ieri mattina decide di salire in municipio, entrare nella stanza del sindaco, aprire la finestra che dà sul balcone e asserragliarsi lì nella speranza di una risposta. Che non arriverà: sarà a quel punto lui a darne una, tremendamente tragica, dandosi fuoco e lanciandosi nel vuoto, ma non prima di essersi legato al collo una corda.

Inutile descrivere nel dettaglio ciò che poi i rilievi della Scientifica hanno confermato: vale a dire che «l’orco buono», come gli amici lo chiamavano, è morto con modalità quasi da horror. Si lancia, cioè, dal balcone quando è già ricoperto dalle fiamme ma il cappio al collo lo impiccherà giusto il tempo necessario al fuoco per bruciare la corda in fibra di plastica, che cederà sotto il peso del corpo facendo precipitare Antonio sull’asfalto. 

Burocrazia e crisi economica, il mix perfetto per far saltare l’equilibrio mentale a tante persone: chiunque abbia frequentato uffici comunali, specie se in cerca di autorizzazioni varie, sa cosa significhi doversi piegare ai ritmi di lavoro (diciamo) del pubblico impiego italiano. 

Antonio Formicola ieri era deciso a risolvere la questione una volta per tutte. Quando arriva in municipio, il sindaco Vincenzo Strazzullo non c’è: probabilmente questa circostanza ha scatenato in lui una rabbia incontrollabile che l’ha portato dove l’ha portato. Due agenti hanno cercato di farlo ragionare, lui però provava a respingere tutti quelli che tentavano di farlo desistere vibrando nell’aria un temperino. Poi è volato giù coinvolgendo un giovane del posto che viene colpito da un estintore lanciato dal balcone. Il ragazzo sarà trasportato all’ospedale di Torre del Greco ma viene dimesso dopo un’oretta circa, mentre Antonio Formicola, ancora vivo quando giungono i soccorsi, viene trasportato al Cardarelli di Napoli. Dove poi morirà. Quando la notizia del decesso rimbalza ad Ercolano, circa trecento commercianti della zona accorrono sotto il palazzo, l’atmosfera si surriscalda, tutti solidarizzano col fioraio raccontando anche le proprie storie ai limiti della sopravvivenza. 

«Zio Antonio era esasperato, da due anni chiedeva quel permesso, gli dicevano sempre di aspettare» -ha detto un nipote- «vedeva che tutti gli altri esercenti parcheggiavano con i loro camion e si sentiva danneggiato. Per questo aveva chiesto di pagare per avere la disponibilità di quel suolo per esporre la merce».  La rabbia a vico Sacramento, dove risiedeva, è comprensibilmente diffusa. Alcuni amici hanno appeso uno striscione fuori all’Antica Violetta, il suo negozio di fiori. Sopra c’è scritto “Non resterai mai solo, Antonio siamo tutti con te”. Contemporaneamente un altro striscione esposto davanti al Comune, recita un eloquente “Noi lottiamo voi ammazzate, vergogna”. Uno specchio dell’Italia così come, man mano, stiamo ogni giorno imparando a conoscerla, grazie a storie come questa che si incrociano e si sovrappongono mantenendo un tratto comune: la perdita della tranquillità minima per la sopravvivenza, un concetto difficile da assumere per chi non viva le medesime condizioni.

Le reazioni della politica, del sindacato, delle associazioni di categoria e delle istituzioni  dinanzi a fatti del genere si assomigliano tutte e ricalcano un cliché abituale. Nel caso dell’«Orco buono» di Ercolano non hanno fatto eccezione. Inutile ripeterle.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” dell’11 giugno 2013)

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