ARCHIVIOAccoltellato a quindici anni, l’assassino ne ha diciassette

admin09/04/2013
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accoltellamento

L’aggressore è arrivato come una furia iniziando a sferrare coltellate contro il gruppetto di coetanei con cui poco prima aveva avuto un diverbio: fino ad ucciderne uno con un fendente diretto e inesorabile al cuore. Così sono andate le cose nel corso della rissa verificatasi intorno alla mezzanotte di domenica ad Aversa, grosso centro alle porte di Caserta.

 

Emanuele Di Caterino, 15 anni appena, è stato ucciso da A.V. 17enne incensurato, originario di San Marcellino, paese dell’hinterland casertano. Altri due amici con i quali la giovane vittima stava chiacchierando nei pressi dell’ufficio postale centrale sono stati soltanto feriti: tutti e tre con parentele scomode e con un albero genealogico «pesante”. A partire dallo stesso Emanuele, nipote di Gaetano Iorio, elemento organico alle gerarchie camorristiche casalesi ed attualmente in regime di sorveglianza speciale, al figlio della sorella del super boss Michele Zagaria, finendo col nipote di Salvatore Nobis, membro di punta del clan, pure lui di area «zagarese». Il papà dell’omicida, invece, ha solo dei piccoli precedenti penali ma non risulterebbe in contatto con nessuna delle cosche del territorio. La qual cosa non sposta di una virgola il problema principale che ora hanno davanti le forze dell’ordine del posto: la probabile ritorsione delle famiglie dei giovani colpiti dalla furia del diciassettenne, rappresaglie cruente per episodi di minor portata sono già negli annali della storia criminale della camorra. Soprattutto in quell’area della Campania.

Non si conoscono i veri motivi della tragedia, i carabinieri del comando provinciale di Caserta parlano di una banale lite tra ragazzi poi degenerata. Ipotesi verosimile. Il magistrato di turno ha, giocoforza, ordinato l’autopsia sul giovane corpo di Emanuele Di Caterino per certificare le reali cause del decesso: allo stato la posizione ufficiale è di un solo colpo al miocardo che l’ha stroncato nel volgere di pochi secondi. «Non ricordo nulla» ha dichiarato agli investigatori l’aggressore dopo esser stato fermato in una via centrale della città a bordo della sua Smart.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 9 aprile 2013)

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