ARCHIVIOCuccagna in Calabria: i consiglieri si facevano rimborsare pure i gratta e vinci

admin04/04/2013
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Consiglio regionale Calabria interno

C’è chi si faceva rimborsare barattoli di Nutella, reggiseni e lingerie e chi si è spinto oltre fino a mettere in conto spese i Gratta e Vinci. Ovviamente non vincenti. Quest’ultima non è neppure la più eclatante tra le stramberie (chiamiamole così) emerse dall’indagine della procura della repubblica di Reggio Calabria sulle spese pazze del consiglio regionale calabrese. Già, perché farsi rimborsare dal fondo destinato alle spese dei gruppi politici anche le tasse dovute all’Agenzia delle Entrate, va oltre ogni immaginazione. Almeno finora. Ne ha parlato ieri Il Quotidiano della Calabria in una documentata inchiesta sul campo.

 

Sarebbero, al momento, dieci le persone indagate dai magistrati reggini, anche se sui nomi vige un inconsueto riserbo. Si parla di otto consiglieri regionali di centrodestra e due di centrosinistra ma, al tempo stesso, pare che a finire sotto la mannaia della procura ci siano alcuni direttori amministrativi dei relativi dipartimenti interessati. Cambia poco, la sostanza è la stessa con cui sono state riempite le cronache italiane negli ultimi mesi: soldi pubblici, destinati al ristoro delle spese sostenute dai «rappresentanti del popolo» per la relativa attività istituzionale, utilizzati per le più disparate esigenze personali. Sempre che tutto venga confermato dal prosieguo delle indagini, s’intende.

Per ora c’è il clamore suscitato dalla stravaganza delle ragioni alla base della condotta degli indagati. Del rimborso delle tasse -caso unico più che raro- s’è già detto: c’è dell’altro, ovviamente. Dagli scontrini per il caffè inseriti in nota, ai viaggi per due verso località termali come Chianciano e Montecatini Terme, dalle spazzole per i tergicristalli dell’auto privata alla fattura del lavaggista, passando per cospicui acquisti di detergenti e detersivi per lavar cosa ancora non s’è capito bene. Inutile dire che c’è sempre chi fa le cose in grande: come quell’indagato che se ne andava in soggiorno a Los Angeles o New York, o quell’altro in Russia o Montecarlo. L’importante è che fosse tutto spesato.

Esattamente come certe, presunte, serate pantagrueliche a tavola per venticinque persone: pure di questo gli inquirenti avrebbero già trovato traccia, così come del milione di euro mancante all’appello (c’è chi invece parla della metà) spesso si stenta a trovarne l’impronta.

Si sa soltanto che quel danaro, che doveva esserci, in realtà non c’è più: e quel che si è riusciti a rintracciare non parla una lingua confortante per chi è finito nel mirino. Non resta che attenderne gli sviluppi.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 4 aprile 2013)

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