ARCHIVIOIl Pd ha gli atti processuali prima dei pm

admin15/03/2013
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Toga avvocato

Sulla capacità degli uffici giudiziari italiani di assicurare il riserbo sui propri atti, ne abbiamo sentite di ogni tipo. Sulle garanzie personali mortificate dalla pubblicità delle decisioni prima che raggiungessero i destinatari dei provvedimenti, pure. Sull’utilizzo delle inchieste a fini di lotta politica, non ne parliamo. Ma che un avviso di garanzia finisse nella mani di oppositori politici dei «futuri indagati» prima ancora che il pm lo firmasse, nessuno osava neppure pensarlo.

 

Invece è successo. Possibile? E dove? Nella procura di Vallo della Lucania, nel salernitano, dove un avviso di conclusione indagini e contestuale informazione di garanzia nei confronti di dieci persone, politici e tecnici di un’amministrazione comunale (San Giovanni a Piro, nel Cilento) per un’ipotesi di turbativa d’asta, circolava e veniva esibito ai destinatari senza la firma del pubblico ministero, senza la necessaria e obbligatoria nomina di un avvocato difensore, per non dire dei timbri e della data che, si sa, offrono certezza temporale degli atti. Roba che a raccontarla si rischia d’esser presi per invasati berlusconiani. Niente di tutto questo, ovviamente, le carte parlano da sole. Ma ricapitoliamo.

La giunta di San Giovanni a Piro, guidata da un sindaco di centrodestra (Maria Stella Giannì) affida la gestione di un parcheggio ad una coop sociale. Due consiglieri di opposizione, area Pd, fanno il solito esposto in procura lamentando i soliti favoritismi. Accade ovunque. Ma non altrettanto ovunque accade che dopo qualche tempo cominciano a circolare non solo le voci ma addirittura i documenti «grezzi» relativi a un’imminente bufera giudiziaria pronta a travolgere l’apparato politico-burocratico del comune. Il sindaco incarica qualcuno di andare a fondo per capire se quelle voci siano fondate. Siamo verso la fine di gennaio. Tempo qualche giorno e si scopre che l’avviso di garanzia era stato consegnato brevi manu -e in busta controfirmata- al comandante della polizia urbana (che ammetterà tutto) da un avvocato, feroce oppositore politico della maggioranza e, manco a dirlo, legale di fiducia dei consiglieri Pd che avevano denunciato la presunta turbativa. Ma si trattava del documento senza la firma del pm procedente (il sostituto Renato Martuscelli) e privo di tutto il resto.

I futuri indagati (futuri perché nessuno aveva notificato loro alcunché) vanno in tribunale il 7 febbraio e denunciano tutto al procuratore capo, che si trova a dover aprire un fascicolo dinanzi a tale e tanta gravità. Dopo 8 giorni, alla fine, l’avviso viene formalmente notificato agli indagati, tra cui il vice sindaco Alberto Astone, membri della maggioranza e tecnici comunali.

E’ evidente che si tratta di materia pronta per il Csm, se e quando ne sarà informato: e col clima che c’è in queste ore nel Paese nessuno può prevederne l’esito. Resta da capire come mai la procura abbia poi aperto un fascicolo a “modello 45” (n.135/2013/45) cioè contro ignoti. Di ignoto, nei fatti raccontati, c’erano solo i «dettagli» formali della pubblica accusa. E scusate se è poco.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 15 marzo 2013)

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