Non è stato lui ad massacrare di botte i genitori fino ad ucciderli, nell’estate del 2009 a Torre del Greco. Maurizio Sorrentino (foto) 62 anni, collaboratore di uno studio legale nel Lazio, dall’altro ieri è di nuovo un uomo libero dopo 18 mesi di carcere trascorsi nell’inferno di Poggioreale: e, per giunta, con la prospettiva di restarci a vita dal momento che la procura aveva chiesto l’ergastolo.
Invece un nido di uova di mosca, lo scrupolo del collegio difensivo e un giusto «favor rei» l’hanno sottratto ad un destino che appariva ormai certo. Anche perché il carcere Sorrentino lo conosceva bene visto che c’era stato per un paio di lustri nell’epoca degli anni di piombo: era il capo della colonna napoletana del Nop (Nucleo organizzato proletari) e la galera l’aveva assaggiata a lungo per rapine ed espropri vari.
Un anno e mezzo fa venne arrestato. Viveva a Viterbo, dove ha anche una coppia di figli adolescenti, i suoi anziani genitori (il papà era un pluridecorato combattente della Resistenza) invece erano rimasti nella città d’origine. Non sentendoli da giorni nonostante ripetute telefonate, Sorrentino decide di scendere a Torre del Greco. Entrato in casa troverà madre e padre in un lago di sangue e la cassaforte, svuotata, ancora aperta. A dare l’allarme sarà proprio lui. Gli inquirenti si convincono che sia stato lui, scattano le manette, la situazione precipita. Il movente? Le difficoltà finanziarie di Sorrentino, le reiterate richieste di danaro ai genitori, il loro rifiuto e, di qui, la decisione di farli secchi. Durante un colloquio di Sorrentino con la figlia, gli investigatori captano la famosa frase dell’Inferno della Divina Commedia, il «Papè Satàn» dantesco che sarà interpretato come un linguaggio in codice per eludere le indagini.
L’autopsia, però, sarà la sua salvezza. Sul volto della madre furono rinvenute uova di mosca, tipiche di quando ci sono ferite aperte pronte per la riproduzione degli insetti. Per la procura si trattava di larve e non di uova, elemento che poteva dare un’idea sulla cronologia del delitto. Gli avvocati difensori (Stefano Sorrentino e Gaetano Buondonno) intuiscono che qualcosa non quadra e incaricano un biologo che in aula riuscirà a dimostrare che non erano larve ma uova, segno che il momento della morte dei genitori di Sorrentino era da post-datarsi di un giorno almeno: vale a dire al 7 agosto del 2009, quando l’incolpato non poteva essere a Napoli bensì altrove. I giudici della V Sezione penale accolgono la perizia (oltre ad altri elementi, come l’assenza di problemi economici) e lo assolvono.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” dell’8 febbraio 2013)