I guai non sono finiti, forse siamo solo all’inizio. La tempesta dei concorsi truccati, dei favoritismi e delle piccole e grandi corruzioni che hanno portato dietro le sbarre l’ex sindaco di Eboli Massimo Cariello (nella foto), si va gonfiando assumendo il carattere di un vero e proprio tsunami. Fonti accreditate suggeriscono la pista prossima ventura su cui la magistratura potrebbe entrare a gamba tesa in un lasso di tempo ravvicinato: i rifiuti. L’asse portante è l’impianto di compostaggio tra Eboli e Battipaglia, i cui celeberrimi lezzi sarebbero addirittura un male minore per le comunità di riferimento.
Agli inizi di quest’anno Il Quotidiano del Sud ha pubblicato, tra altri, una serie di articoli che segnalavano alcuni problemi sulla gestione del servizio di guardiania del sito dell’area Pip di Eboli. Il lavoro era stato infatti affidato ad una società «in odore di camorra», come si dice in gergo giornalistico, la “Techno Eco Ambiente srl”, il cui dominus presentava un curriculum non proprio in linea con norme, regolamenti, leggi e buonsenso. Gennaro Mastrolia, il titolare, pur non essendo Raffaele Cutolo o Totò Riina, veniva descritto dalle informative e dalle relazioni depositate negli uffici giudiziari in questo modo: «già affiliato al clan camorristico della Nuova Famiglia dei Maiale, poi successivamente transitato nel clan Fabbiano-Capozza (il cui capo, Luigi, è da poco tornato in libertà dopo aver scontato circa trent’anni per omicidio, ndr), allo stato è contiguo al clan camorristico della Nuova Famiglia dei Pecoraro-Renna di Bellizzi». In un’altra si leggeva che il soggetto «annovera a suo carico precedenti per 648 bis c.p. e 648 ter Dl 306/1992 art.12 quinquies nonché per 416 commi 1 e 2, cioè riciclaggio, autoriciclaggio, interposizioni fittizia e trasferimento fraudolento di beni a terzi, associazione a delinquere. Sempre nella stessa informativa si aggiungeva che «secondo fonti attendibilissime (quando le forze dell’ordine scrivono così fanno riferimento ad informatori di fiducia, ndr) è il polo terminale per il riciclaggio di moneta del ben più noto camorrista Giovanni Ricciardi, pluripregiudicato e gravato dal reato di 416 bis (associazione mafiosa)».
Ecco, nonostante queste credenziali dall’amministrazione comunale si continuava a far spallucce, mentre spuntavano altri lavori di edilizia e manutenzione affidati dal Comune alla stessa impresa per importi che non dovevano superare la soglia dei 40mila euro, quella oltre la quale è necessaria la documentazione antimafia. Bene, il punto ora non tanto questo: in mano agli inquirenti c’è il dossier relativo alla vicinanza, per interposta persona, tra questi ambienti e un imprenditore vicinissimo a Cariello, ovviamente consapevole di cosa accadesse. Chi effettivamente svolge la vigilanza del sito, quando ci va e cosa faccia entrare ( cioè quali camion di spazzatura, quando e perché) di notte in quel posto è il motore vero del maremoto che verosimilmente si abbatterà sulla città, aggiungendo lutti al lutto. Un giro di danaro vero, che rende le tangenti (quelle note) dei La Marca e del gruppo lombardo dei Birolini finite in tasca all’ex sindaco, comiche briciole cadute durante il tragitto. Come nella favola di Pollicino.
Il piano casa per La Marca non è l’unico
Le modifiche illegali al Piano Casa della Regione Campania rappresentano un altro filone di indagine al centro dell’interesse della risvegliata procura di Salerno. Sì, perché quella fatta in favore del caseificio Tre Stelle e che ha, tra le altre cose, fatto scattare le manette ai polsi di Massimo Cariello, non sarebbe l’unica ad essere stata avallata e spinta dall’amministrazione ebolitana. Ce ne sono altre sotto i riflettori che ricalcano lo stesso identico schema, fatte salve le relative approvazioni, ora in consiglio comunale ora nella sola giunta. Se tra due automobili perfettamente identiche ne risulta una difettosa è naturale pensare che anche l’altra lo sia, specie se si considera la natura e la storia del costruttore. Gli acquirenti hanno responsabilità minori, al netto della verifica della consapevolezza della legittimità dell’acquisto. Ma questo lo si capirà nei prossimi giorni quando le nubi si diraderanno, per far posto alle nuove.
Improsta_ Candidati, amici e consulenti costano all’erario 70 mila euro
L’azienda Improsta è da sempre, come tutte le aziende pubbliche, di esclusiva pertinenza e dominio della politica, nel bene e nel male. L’hanno governata negli anni i democristiani, i socialisti e i comunisti, oggi è monocolore Pd. In sé può significare tutto e può significare il suo contrario. Allo stato è presieduta da Luca Sgroia, uomo attento ed intelligente, oggi vicesindaco diventato sindaco nel lasso di un tintinnio di manette. Da tempo è legato all’uomo forte del potere deluchiano a sud di Salerno, il sindaco di Capaccio Franco Alfieri, con questi incarnando pezzi di un sistema i cui scricchiolii difficilmente saranno insonorizzati dalle scelte plebiscitarie, locali e regionali.
L’Improsta si regge sui soldi pubblici, paga stipendi e fornitori con soldi pubblici e fa clientele con soldi pubblici come un Cariello qualsiasi. Risultano infatti caricate sulle spalle dei contribuenti una serie di «consulenze» (orma un classico) che, in base ai primi riscontri effettuati dal Quotidiano del Sud, ammontano – per ora – a circa 70mila euro in un solo anno. Tra esse risultano figure impegnate anche in campagna elettorale, essendo stata l’azienda mobilitata per la bisogna. Vediamole: 1) Martina Antoniciello (prot. 486) per euro 9.996,00; Marco Stabile (prot. 1167) per 7.280,00 euro; Modestino Rosiello (prot. 877) per 10.524,80 euro; Gerardo La Manna (prot. 875) per 10.524,80 euro; Marco Mazzeo (prot. 882) per 8.320,00 euro; Tommaso Maioriello (prot. 1288) per 9.360,00 euro; Anthony Mucciolo (prot. 1290) per 7. 488,00.
*dal “Quotidiano del Sud” del 12 ottobre 2020