Un vademecum per infondere fiducia nel cliente in tempo di Covid. E’ questa la proposta che Enrico Schettino, imprenditore della ristorazione fusion da 15 anni, con oltre 20 attività aperte in Italia, propone a tutto lo stivale a seguito della crescente ed evidente richiesta di garanzie da parte degli avventori.
“A Torino come a Napoli – spiega Schettino – riscontriamo nei nostri clienti l’ansia da seconda ondata, che rischia di trascinare tutti noi ristoratori in una spirale di negatività pericolosa: il tutto si aggrava a causa di fake news sulla presunta chiusura di ristoranti, tra cui una girata sui social che riportava erroneamente i nomi di oltre 150 attività”.
Quindi, meglio correre ai ripari prima di sentirsi obbligati ad una chiusura improvvisa.
Di qui la proposta di dieci semplici regole per tutelare clienti e dipendenti, da aggiungere chiaramente a quelle già in essere.
La prima è: sedute a norma Covid. Ovvero: distanziate, come già previsto, o ancor meglio chiuse in alcuni lati affinché sia garantita la distanza tra i posti a sedere senza possibilità di contatto alcuna con gli altri gruppi di avventori. Se possibile, prevedere anche sale privé riservate, per tavoli da 4/8 posti.
Seconda regola: pagamenti solo con carte o bancomat. Banconote e monete infatti è noto che rappresentano un pericoloso vettore del virus.
Terzo punto: eliminare i cosiddetti “portaconti”, oltre i menu.
Quarto: cucine totalmente a vista. È necessario infatti che l’utente possa vedere cosa fanno i camerieri in sala, così come gli chef in cucina.
Quinto: far eseguire tamponi mensili ai propri dipendenti, supportati economicamente con un credito d’imposta.
Sesto: obbligo di mascherina per l’utente mentre si prende l’ordine, anche se si è seduti al tavolo. Il cliente deve rispettare il cameriere, e viceversa.
Settimo: bicchieri e posate monouso, sia che siano forchette sia che siano bacchette.
Ottavo: delivery con doppia confezione. Quella esterna va eliminata dal rider al momento della consegna, senza mai toccare quella interna.
Nono: pulizia della sala e dei bagni più frequente, con i santificanti autorizzati.
Decimo: eliminare strutture o macchinari che possano agevolare la diffusione.
“A questa logica di sicurezza per il cliente ho già improntato il nuovo locale/tipo Giappo – conclude Schettino – a partire dal locale di Chiaia che a breve avrebbe festeggiato i suoi primi dodici anni di vita : niente festeggiamenti, ma look e menù nuovi di zecca con tutto quel che costa, in un momento non certo sereno. Ma ai miei colleghi che mi chiedono consiglio su come incrementare le vendite dico: la sicurezza percepita è la miglior forma di pubblicità, oggi più che mai”.
Nel caso specifico di Giappo, sono già stati attuati molti di questi punti, spiega Schettino: “abbiamo rinunciato al tradizionale nastro trasportatore, che era senz’altro tipico e perché no divertente per il cliente – continua l’imprenditore – ma oggi diventa un possibile conduttore del virus visto che lungo il nastro scorrevole l’avventore vede passare dei piatti già pronti che può prendere direttamente. Siamo stati i primi a portarlo in Italia, siamo stati i primi ad eliminarlo”, continua Schettino che per Giappo ha creato un prototipo di seduta chiusa lateralmente, in modo da non avere contatti con chi è seduto alle proprie spalle ed ha dato una maggiore spinta al delivery prevedendo confezioni a norma che mantengano anche la temperatura e prodotti adatti alla richiesta elevata di consegne che già si avverte e che, presumibilmente, aumenterà nei prossimi mesi. In controtendenza con la paura di investire Schettino ha appena lanciato un nuovo format, dopo Giappo e Giappoke: il Bao Burger, un panino di pesce realizzato “in casa” che garantisce ulteriormente il cliente non essendo stato manipolato o trasportato da più soggetti.
H di P
Harry di Prisco
Giornalista