Non è stata ancora fissata la data dell’interrogatorio di garanzia del sindaco di Eboli, Massimo Cariello, finito ai domiciliari venerdì scorso. Verosimilmente sarà tra mercoledì e giovedì quando il primo cittadino accompagnato dal suo avvocato (Costantino Cardiello) comparirà dinanzi al giudice per le indagini preliminari, Alfonso Scermino, che ha accolto la richiesta di misura cautelare avanzata nei suoi confronti dal pubblico ministero Francesco Rotondo e dal procuratore capo Giuseppe Borrelli. Le accuse, come sappiamo, sono particolarmente gravi e spaziano dalla corruzione alla rivelazione del segreto d’ufficio, dall’abuso all’induzione indebita a dare o promettere, dal falso alla lottizzazione abusiva ed hanno interessato, per le rispettive quote-parte, i dipendenti comunali di Eboli Giuseppe Barrella, Anna Maria Sasso e Vincenzo D’Ambrosio e il funzionario del comune di Cava de’ Tirreni Francesco Sorrentino, destinatari di un provvedimento di interdizione dall’esercizio delle proprie funzioni per dodici mesi.
La vicenda l’abbiamo raccontata ampiamente ieri su queste colonne. C’è un elemento, però, che su tutti colpisce: il ritratto, chiamiamolo così, che il giudice Scermino ha fatto dell’appena rieletto sindaco di Eboli. Imbarazzante perfino per l’osservatore più distratto. A proposito della manomissione dolosa del concorso per due posti di operatori di asili nido, uno dei pilastri dell’ordinanza di custodia cautelare, il magistrato scrive: «L’esito del concorso era già deciso. La procedura doveva andare esattamente come predeterminato in anticipo, secondo accordi di favoritismo già siglati e bieca gestione del potere». Poi rincara la dose e scrive: « Il crollo di ogni principio di legalità, imparzialità e correttezza della pubblica amministrazione. Una grave ferita alla fiducia che i cittadini e i candidati riponevano nella serietà del concorso». La conclusione, di questo solo capitolo, è lapidaria: «Una pagina nera nella gestione della cosa pubblica di Eboli». I magistrati raramente si spingono oltre con le proprie considerazioni a corredo di così drammatici provvedimenti, è lecito supporre che il gip abbia in un certo senso “sbottato” dinanzi alla disinvoltura e spregiudicatezza del sindaco, caratteristiche peraltro pure richiamate in altri passaggi dell’ordinanza. Insomma, la colonna sonora scelta per l’ultima campagna elettorale dagli staff di Cariello, oggi suona quasi beffarda: era “Tutto qui accade” dei Negramaro e, a giudicare da quanto scritto dal giudice, pare fosse proprio così. Infatti, quando si tratterà di motivare (ex art. 274 lettera C cpp) la scelta della misura e delle esigenze cautelari, cioè perché Cariello andava arrestato, Scermino scrive: (…) è un sindaco avvezzo a porre in essere atti illeciti utilizzando abusivamente la sua funzione pubblica all’interno del Comune…emergeva una intera macchina amministrativa votata al soddisfacimento degli interessi clientelari del primo cittadino…erano in gioco affari che in qualche modo lo interessavano direttamente». E ancora: «Cariello, con sconcertante disinvoltura utilizzava la sua funzione e il suo peso politico all’interno del Comune per l’amministrazione concedesse benefici illeciti ai suoi amici e questo ne tratteggiava una personalità capace di manifestarsi, negli stessi termini, in tutte le vicende di questo tipo». Per concludere che il sindaco andasse assolutamente fermato e allontanato dal Comune dove potrebbe continuare a fare i propri comodi «strumentalizzando il tutto in modo disonesto per la costante conduzione delle sue relazioni clientelari». Parole che tramortiscono e che raramente si leggono nelle ordinanze di tal genere.
C’è un punto, che non riguarda però l’ex primo cittadino di Eboli, bensì il suo “collega” di Cava Vincenzo Servalli. Nel colloquio intercettato dal trojan tra Cariello e Sorrentino si parlava di come truccare il concorso metelliano (10 posti all’ente) e quali candidati favorire a discapito di altri. Dice Sorrentino: «Servalli ha la sua di lista». Di raccomandati, s’intende.
La Procura s’è desta: le indagini in corso e i processi
Il provvedimento di cattura emesso l’altro giorno potrebbe essere un punto di non ritorno della vita politica di Massimo Cariello. E questo al di là di come evolverà nei prossimi giorni la vicenda specifica tra interrogatorio di garanzia, tribunale della libertà o corte di cassazione, per non dire della macchinosità della pratica prefettizia di sospensione dalla carica determinata dalla legge cosiddetta Severino. Sì, perché ora il forellino s’è fatto voragine ed è lecito supporre che al suo interno vadano ad inserirsi i diversi, non pochi, filoni di indagine a suo carico ora in corso, ora in fase di definizione e che, uniti a qualche processo già in atto, cumulerà una serie di guai che avvereranno, forse, le lontane “profezie” del Quotidiano del Sud (vedi foto a destra) quando scriveva che i prossimi anni vedranno Cariello e gli altri trascinati nella palta, girovagare tra studi legali, aule di tribunale, periti, consulenti, poliziotti, carabinieri, finanzieri, cancellieri e tutto l’universo del supplizio «in sé» della giustizia di calamandreiana memoria. Non solo, ma ci sono anche le relazioni interne alla stessa procura di Salerno tra magistrati impegnati sul fronte ebolitano (e non solo) che potrebbero indurre ad un’accelerazione improvvisa, non foss’altro perché l’apparente stagnazione/frammentazione di inchieste anche più pesanti di quella che ha spalancato le porte del carcere, seppur casalingo, all’ex sindaco dovrà in qualche misura essere risolta. I segnali della nuova guida dell’ufficio, da questo giornale “annunciati” da tempo, si cominciano a vedere dopo anni di imbarazzanti immobilismi, diciamo.
Risultano infatti a carico di Cariello queste altre rogne giudiziarie: caso “La Marca” (il primo) corruzione; caso “Napolitrans”, corruzione in concorso con l’ex assessore, oggi consigliere, Emilio Masala; caso “Ises”, abuso d’ufficio in concorso con giunta e consiglieri di maggioranza; caso “Sito di compostaggio”, abuso e falso. Cariello poi è imputato per: caso “Croce Rossa”, falso e abuso; caso “Videosorveglianza”, corruzione, turbativa d’asta, peculato, abuso, induzione indebita. Qualcosa ci sarà sfuggita sicuramente ma quanto descritto è sufficiente per farsi un’idea del problema.
*dal “Quotidiano del Sud” del 11 ottobre 2020