Un riconosciuto capoclan locale si fece accompagnare da un suo amico negli uffici del comune di Eboli alcuni mesi fa. Gli era stata notificata una sanzione amministrativa e sperava che in municipio trovasse qualcuno disposto ad annullarla. «Me la vedo io, vieni con me» gli avrebbe detto l’amico prima di guidarlo nelle stanze comunali ma, una volta giunti dinanzi al responsabile del settore, l’operazione andò a monte, nel senso che la sanzione comminatagli non solo non si poteva cancellare ma neppure c’erano motivi validi e concreti per farlo. I due ringraziarono e salutarono. Morale: ciò che è accaduto nel Palazzo ebolitano è quanto accade quotidianamente (quasi) ovunque in ossequio ad un certo andazzo culturale, specie nel Mezzogiorno d’Italia, che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Che sia una “consuetudine” cancella la potenziale gravità del fatto? Purtroppo no, in quanto nello specifico si parla, da un lato, di un soggetto caratterizzato da un certo spessore criminale nonché da consistenti disponibilità finanziarie rivenienti da anni di controllo del traffico di droga, dall’altro di un candidato al consiglio comunale in via di ricomposizione a partire da domani. Ora, se il tentativo, respinto, della soppressione di una sanzione amministrativa dimostra che nella struttura comunale certi anticorpi funzionano ancora, al tempo stesso il rapporto intercorrente tra il candidato alla carica di consigliere e il “boss” fa giocoforza drizzare le antenne: del resto, che tale candidato abbia nel volgere di breve tempo ribaltato il proprio tenore di vita è circostanza quasi impossibile da non osservare, fatte salve eredità e /o vincite alla Lotteria.
E’ quella la traccia, comunque, su cui la Direzione distrettuale antimafia di Salerno sta approfondendo accanto ad altre, alcune già note alla pubblica opinione (almeno ai nostri cinque lettori) altre meno, altre ancora comprensibilmente sconosciute. Si tratta ora si attenderne l’esito che, peraltro, nessuno può prevedere dal momento che la magistratura segue logiche e tempistiche diverse da quelle della vita reale, a volte è un bene, molte altre il contrario. Una vecchia storia, insomma. Si vedrà.
Il Palazzo di Eboli non dovrebbe essere infiltrato così come si potrebbe pensare immaginandone una penetrazione tradizionale, anche perché pure la camorra non è più come quella di una volta -neppure la politica lo è e non siamo troppo sicuri che ciò rappresenti un bene- ma che di segnali ne siano giunti di diversi e inaspettati, questo solo gli abbagli della comunità dei social network, specialmente quella che supporta l’amministrazione uscente, impediscono di vedere in tempo. Però, che diversi esponenti della maggioranza uscente abbiano beghe più o meno serie con la giustizia, questo è dipeso da una serie di circostanze risalenti nel tempo e qui ampiamente documentate, non certo dalla nenia ricorrente che vorrebbe far risalire i numerosi guai giudiziari ad un “odio”, ventilato dal primo cittadino e richiamato pubblicamente da un aspirante presentatore di feste di piazza, che non si capisce cosa sia, oltre a farlo assomigliare a una specie di Zingaretti della Piana del Sele. Forse il sindaco si sopravvaluta, cose che capitano.
* dal “Quotidiano del Sud” del 19 settembre 2020