Per il settore della ristorazione ambulante ed eventi a tema street food il lock down non è ancora finito, resta il divieto dell’organizzazione di feste, sagre o appuntamenti pubblici che possano creare affollamenti. Eppure il settore è in ginocchio, ne dà conferma l’interesse suscitato dalla diretta streaming sulla pagina Facebook dell’associazione Streetfood del 22 maggio scorso in cui il presidente dell’associazione nazionale streetfood Massimiliano Ricciarini ha manifestato tutte le difficoltà del settore che, secondo i dati riportati dal Sole 24Ore a seguito di indagine Infocamere e Unioncamere, ha registrato 30mila imprese in meno nel primo trimestre 2020.
“Distanza sociale non è amica degli eventi- ha ribadito Ricciarini- così come ulteriori costi per adempimenti alle normative anti-covid oltre alle già note voci di spesa per safety e security. Se prima sui social il pubblico si lamentava per gli alti costi dei cibi adesso si rischia che un arancino arrivi a costare quanto un risotto al tartufo bianco e champagne”.
Per una categoria a tutti gli effetti indipendente dai mercati e dagli ambulanti detentori di posti fuori mercato, ancora lontana è la luce in fondo al tunnel .“La fretta è cattiva consigliera. Guardatevi intorno – dichiara il presidente Ricciarini agli operatori del settore – date nuova struttura alla vostra attività e garantitevi alternative di lavoro in attesa che gli eventi di successo, da noi organizzati da dieci anni a questa parte, possano un giorno tornare ad essere organizzati con le caratteristiche che li contraddistinguono. Chi vuole investire adesso nel settore sicuramente darebbe un segno positivo ma nel proprio interesse aspetti”.
“Ai colleghi e concorrenti organizzatori suggerisco di non dare false speranze nell’impegno “per la causa” e in futura fase di ripresa meno spregiudicatezza. Create un vostro format senza inflazionare il tema e il nome streetfood già a rischio a fine 2019, senza pestarsi i piedi a vicenda e senza pensare solo al proprio giardino”.
I numeri dello street food ai tempi del Coronavirus:
Secondo Union Camere sono 180mila le attività di commercio al dettaglio in area pubblica in Italia di cui il 18,5% della somministrazione cibi e bevande. Di quest’ultimo gruppo 3,5mila sono su autonegozio oggi definito food truck e 20mila su gazebo.
Dall’inizio del lock down il mancato fatturato di queste aziende si aggira tra i 5mila e le 20mila euro al mese a seconda della struttura dell’impresa. I settori di appartenenza degli ambulanti alimentari sono principalmente il commercio, al primo posto con circa 1,5 milioni nel primo trimestre e al quarto posto la ristorazione (dato condiviso con le attività di ristorazione in sede fissa) con oltre 450mila chiusure.
Tra i risvolti tragici si sono registrati circa 20 decessi per suicidio dovuti alla disperazione di persone sicuramente più fragili che non hanno retto agli effetti della crisi nelle proprie attività.
Streetfood Village, un modello nazionale. Il format ideato da Massimiliano Ricciarini con associazione streetfood è stato di ispirazione se non addirittura emulato in toto da sempre più numerose realtà emergenti organizzatrici di eventi sullo stesso tema indicativamente dal 2014 ad oggi. Realtà più o meno improvvisate hanno ampliato e potenziato inevitabilmente l’indotto. Una rete sempre più fitta di aziende del settore ha portato flussi di persone in numerose città italiane, attivando così la conoscenza del territorio, gli acquisti presso i negozi locali sia di prodotti agroalimentari tradizionali che di altre merceologie. Gli hotel hanno ospitato sia gli operatori partecipanti che i visitatori provenienti da varie parti d’Italia che hanno così acceduto a ristoranti, pizzerie, bar ed enoteche locali con indubbio beneficio economico.