Il CalamaioKafka, il postino delle bambole nel romanzo di Sierra i Fabra

Noemi Lamberti04/04/2020
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In questi giorni di quarantena forzata, mi sono dedicata alla ricerca di qualcosa di nuovo, curiosando nella vita privata di alcuni scrittori. Non sapevo ad esempio che il grande scrittore e filosofo Franz Kafka visse un’esperienza davvero singolare, un anno prima della sua morte. Durante una delle sue passeggiate giornaliere al parco Steglitz, incontrò una bambina che piangeva disperata, perché aveva perduto la sua bambola, lo scrittore colpito dall’intensità di quel dolore, si offrì di aiutare la piccola nelle ricerche. La bambola però non fu trovata e così per consolarla Kafka escogitò un piano davvero bizzarro. In segreto scrisse una lettera e disse alla piccola che era proprio da parte della sua amata bambola. Era partita per un viaggio, ma lei era stata fortunata, perché lui era il postino delle bambole.

Per favore non piangere, sono partita in viaggio per vedere il mondo, ti riscriverò raccontandoti le mie avventure”, diceva la lettera. Seguiva poi un bellissimo racconto di avventure immaginarie, di viaggi e di fantasia. La piccola leggendo quelle parole suggestive, si sentì immediatamente consolata. Alla fine lo scrittore le regalò una nuova bambola, diversa da quella perduta. Ma il suo aspetto diverso venne giustificato da un biglietto: “I miei viaggi mi hanno cambiata”. 
Qualche anno dopo, la bambina trovò un biglietto proprio dentro la sua bambola che diceva:

ogni cosa che tu ami è molto probabile che tu la perderai, però alla fine l’amore muterà in una forma diversa.

Questa storia talmente bella da non sembrare vera, fu raccontata da Dora Diamant, la compagna di Kafka, il suo racconto dettagliato, ispirò lo spagnolo Jordi Sierra i Fabra autore del romanzo “Kafka e la bambola viaggiatrice”. Un testo molto comunicativo, apparentemente semplice ma profondo e fortemente educativo. Toccante e intenso, descrive al meglio il tema del distacco nel pensiero kafkiano, consigliatissimo per gli adulti ed adatto ai bambini dai 9 anni in su.

Per accendere la vostra curiosità, vi riporto un estratto del racconto di Dora contenuto nel libro:

“Quando eravamo a Berlino, Kafka andava spesso allo Steglitzer Park. Talvolta lo accompagnavo. Un giorno incontrammo una bambina, che piangeva e sembrava disperata. Le parlammo. Franz le chiese che cosa le fosse successo e venimmo a sapere che aveva perso la sua bambola. Subito lui si inventò una storia plausibile per spiegare la sparizione. “La tua bambola sta solo facendo un viaggio, io lo so, mi ha scritto una lettera”. La bambina era un po’ diffidente: “Ce l’hai con te?” “No, l’ho lasciata a casa, ma domani te la porto”. La bambina, incuriosita, aveva già quasi scordato le sue preoccupazioni, e Franz se ne tornò subito a casa, per scrivere la lettera. Si mise al lavoro in tutta serietà, come si trattasse della creazione di un’opera. Era nella stessa condizione di tensione in cui si trovava non appena si sedeva alla scrivania o stava anche solo scrivendo a qualcuno. Tra l’altro, si trattava effettivamente di un vero lavoro, essenziale al pari degli altri, perché la bambina doveva assolutamente essere resa felice e preservata dalla delusione. La menzogna doveva dunque essere trasformata in verità attraverso la verità della finzione. Il giorno successivo portò la lettera alla bambina, che l’attendeva al parco. La bambola spiegava che ne aveva abbastanza di vivere sempre nella stessa famiglia ed esprimeva il desiderio di cambiare un po’ aria, in una parola, voleva separarsi per qualche tempo dalla bambina, cui per altro voleva molto bene. Prometteva tuttavia di scrivere ogni giorno – e Kafka scrisse effettivamente una lettera ogni giorno, raccontando di sempre nuove avventure, le quali, seguendo il particolare ritmo vitale delle bambole, si snodavano in modo rapidissimo.

Dopo alcuni giorni la bimba aveva scordato la perdita reale del suo giocattolo e pensava solo e semplicemente alla finzione che le era stata offerta come sostituto. Franz scrisse ogni frase di quella sorta di romanzo in modo così accurato e pieno d’umorismo che la situazione della bambola risultava perfettamente comprensibile: era cresciuta, era andata a scuola, aveva conosciuto altre persone. Rassicurava sempre la bimba del suo amore, ma alludeva anche a complicazioni della sua vita, ad altri doveri e altri interessi che, al momento, non le permettevano di riprendere la vita in comune. La piccola veniva pregata di riflettere sulla cosa e veniva così preparata all’inevitabile rinuncia.

Il gioco durò come minimo tre settimane. Franz aveva una paura terribile al pensiero di come avrebbe potuto finire il tutto. Perché la fine doveva essere una vera fine, vale a dire che doveva consentire all’ordine di sostituire il disordine causato dalla perdita del giocattolo. Cercò a lungo e decise alla fine di far sposare la bambola. Descrisse dapprima il futuro marito, la festa di fidanzamento, i preparativi del matrimonio, poi in ogni dettaglio la casa dei giovani sposi: “Vedi tu stessa che dovremo rinunciare a rivederci in futuro”. Franz aveva risolto il piccolo conflitto di un bambino attraverso l’arte, attraverso il mezzo più efficace di cui disponeva personalmente per riportare ordine nel mondo.”

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Noemi Lamberti

Scrittrice, blogger e autentica divoratrice di libri. Su Eolopress cura la rubrica "Il calamaio" dove recensisce autori vecchi e nuovi.

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