FacciaafacciaMangio, gusto e riciclo: i gusci di cozza nel brevetto dell'”ebolitano” Ciro Punzo

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Noi italiani, cultori della buona tavola e meticolosi consumatori di prodotti di eccellenza, conosciamo bene il valore della materia prima e ne decantiamo le proprietà in ogni occasione: al tempo stesso siamo anche un popolo di «sporcaccioni», che spesso getta nel cestino tutto ciò che avanza senza badare troppo a cosa potrebbe essere riciclato e cosa no. A finire in discarica sono, ad esempio, i gusci dei mitili che in alcune regioni, specie in alta stagione, raggiungono numeri stratosferici soprattutto in zone come il golfo di Taranto o la costa di Olbia, luoghi dove risulta impossibile resistere alla tradizionale impepata di cozze.

E’ su come riciclare il guscio del Mytilus galloprovincialis che ha speso tempo e ingegno Ciro Punzo, originario di San Giorgio a Cremano (Na) ma ebolitano d’adozione avendovi trascorso 17 anni della sua vita: oggi insegna elettrotecnica e costruzioni nautiche all’istituto professionale “Amsicora” di Olbia. 
E’ lui ad aver concepito e sperimentato un processo di riutilizzo delle valve, oggi conferite in gran parte dei Comuni sardi nel secco residuo non riciclabile, con costi di conferimento in discarica a carico delle comunità.

Incontriamo Ciro Punzo, campano dal piglio talentoso innestato sul suolo sardo trent’anni fa. Vive ad Olbia con la moglie Lella e i suoi tre figli, la sua idea si rivela concreta e vincente.

Parlaci della tua invenzione, da dove nasce?
“Lavorando con i miei studenti sui materiali di riciclo fu naturale fermarsi a ragionare su questo prodotto considerando che la Sardegna è una regione rinomata per i molluschi. Partendo dalla considerazione che il guscio di una cozza è composto principalmente da carbonato di calcio e che viene già impiegato nella composizione del cemento, per la filtrazione dell’acqua in agricoltura, per il drenaggio nelle stalle o come mangime per rinforzare le uova delle galline, ho voluto approfondire i modi di utilizzo creando un prodotto del tutto nuovo”.

In che cosa consiste?
Dopo aver triturato i gusci dei molluschi, e per far questo ammetto di aver compromesso più di qualche elettrodomestico, ho ottenuto una polvere dalle diverse grammature. Nei laboratori della scuola ho poi perfezionato il prodotto aggiungendolo ad una particolare resina che ho colato in uno stampo producendo il mio primo prototipo”.

Pare che i gusci dei molluschi siano impermeabili ed abbiano una buona resistenza, cosa dicono i test?
“La resina miscelata con la polvere delle cozze è risultata molto più resistente e sottoposta all’azione degli acidi (solforico, cloridrico, acqua distillata; idrossido di sodio; etanolo; esano; detergenti speciali) non ha subito alterazioni. Abbiamo ottenuto un prodotto molto duttile, che non si corrode, non si scolora, non si graffia, né si deforma. E poi si tratta di un materiale ecologico”.

Da qui l’idea di registrare il brevetto?
“Sì, ho brevettato l’utilizzo della polvere di cozze e vongole perché mi sono accorto di quanto svariato sia il campo di impiego di questo prodotto e di come si potrebbe abbattere drasticamente il problema degli scarti alimentari.
Da alcune verifiche effettuate non ci sono altri esempi né in Italia né all’estero di un prodotto simile, un’azienda europea ne fa mattoni per l’edilizia e un’altra in Cina utilizza i gusci interi per decorare oggetti. Il brevetto italiano ha ricevuto l’attenzione della Farnet, rete delle zone di pesca, che si è fatta promotrice in Europa dell’iniziativa presentando questo nuovo prodotto nell’ambito di eventi internazionali”.  

Cosa si può creare con questa particolare resina?

“Lavoro ai prototipi di oggetti dalle funzioni svariate e con l’adozione di una stampante in 3D è possibile ricreare qualsiasi forma: dalle piastrelle ai lavabi, agli oggetti di arredo a loghi e stemmi araldici, come quelli realizzati per alcuni enti pubblici, tra cui la Regione e il Comune.


I molluschi, ma principalmente la cozza, su cui si sta investendo molto in marketing territoriale, potrebbero diventare la materia prima da cui sviluppare un’economia legata ad una produzione tipica con manufatti realizzati con questa nuova resina
. Il materiale in oggetto è naturale e, pertanto, è a impatto zero”.

 

Ma Ciro Punzo è anche imprenditore, uno di quelli colpiti dall’alluvione del 2013. Una battuta d’arresto da cui è difficile ripartire. Raccontaci
“Il 19 novembre 2013 per me l’orologio si è fermato. La bomba d’acqua caduta sull’isola apportò danni ingenti, ci furono morti e feriti e gran parte delle imprese furono costrette a chiudere i battenti. La mia impresa che si occupava di edilizia e impiantistica fu una di queste, subendo perdite per circa 350 mila euro. Fui costretto a licenziare i miei venti operai. Di aiuti o interventi dallo Stato neanche l’ombra, molte le chiacchiere dell’allora Governo Letta ma nei fatti non abbiamo visto un centesimo. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ricominciato da zero. Oggi continuo a lavorare nel settore con una piccola impresa edile, ma è tutto più difficile”.

Vulcanico e di spiccato ingegno Ciro non si arrende, sfornando un’idea dopo l’altra e non esclude nuovi sviluppi del brevetto. 

 

 

 

 

Emanuela Carrafiello

Giornalista

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